Paolo De Crescenzo è un ex pallanuotista e Coach italiano. E’ cresciuto nella Canottieri Napoli sotto la guida del Fritz Dennerlein, esordì in prima squadra nel 1965, iniziando la sua militanza in quel gruppo che dominò l’Italia della pallanuoto negli anni settanta, vincendo 4 scudetti e la Coppa dei Campioni.
Alto, abbronzato, sempre sorridente, Paolo De Crescenzo è un ex pallanuotista e Coach italiano. Assieme al fratello Massimo, anche lui pallanuotista, è cresciuto nella Canottieri Napoli sotto la guida del Fritz Dennerlein, esordì in prima squadra nel 1965, iniziando la sua militanza in quel gruppo che dominò l’Italia della pallanuoto negli anni settanta, vincendo 4 scudetti e la Coppa dei Campioni. La sua carriera da allenatore inizia nel 1983. Arriva sulla panchina del Posillipo a soli 33 anni e conquista subito le simpatie dell’ambiente. La storia sportiva di De Crescenzo da quel momento ha un’impennata collezionando solo successi: 9 scudetti, 2 Coppe delle Coppe, 2 Coppe Italia e soprattutto 2 Coppe dei Campioni oltre che la Supercoppa Europea, vinti fino al 2002 (tranne una breve parentesi fra il 1988 ed il 1990) lo rendono uno degli allenatori più titolati della pallanuoto italiana. Nel biennio 2003-05 ha anche guidato la Nazionale, vincendo la medaglia d’argento a Barcellona imbattuti per tutto il torneo perdendo la finale ai supplementari con l’Ungheria, proclamata come squadra più forte di tutti i tempi. Ritorna per un altro biennio al suo amato Posillipo, ritirandosi poi definitivamente nel 2007. Nell’estate 2013 viene contattato dall’Acquachiara Napoli e accetta l’incarico di guidarla nel massimo campionato italiano e nella prima avventura in Champions League della giovanissima formazione campana.
Giorni fa è stato presentato il libro “Maestri Napoletani” di Maria Chiara Aulisio. Cosa prova nell’essere stato chiamato con l’appellativo di “maestro”, e il suo nome inserito tra le eccellenze campane della cultura, dello spettacolo, della scienza e dello sport, di cui racconta il volume scritto dalla giornalista del Mattino?
L’ho vissuta con tanta meraviglia, sentire al microfono il mio nome tra tanti nomi illustri, non posso che esserne orgoglioso, dopo tanti anni queste sono le soddisfazioni più inaspettate perché ricevi la conferma che il percorso sportivo è andato nella giusta direzione e lascerà memoria ai giovani che verranno. L’evento della presentazione è stato molto coinvolgente, la sala era piena. Il libro incuriosisce molto, una pagina tira l’altra.
È stato allievo e “maestro” della pallanuoto. Secondo lei un allenatore come deve relazionarsi con i ragazzi?
È molto personale e soggettivo. Può essere autoritario, duro, aperto. Io ho scelto sempre un rapporto empatico, ho privilegiato sempre l’aspetto umano con le emozioni. Ma ogni modo di porsi ai ragazzi è giusto se rispecchia il modo di essere, la personalità, l’autenticità dell’allenatore. Bisogna essere se stessi e dare il meglio e ricavare il massimo da ogni atleta per l’interesse della squadra.
I ragazzi oggi sono distratti dal web, dai telefonini, dai videogames. Quanto è importante lo sport nella loro vita?
Lo sport è importante per i bambini come per gli adolescenti ma molto dipende dal “maestro” perché questa è un età delicata nella quale sono aperti a ricevere tutti gli input necessari per crescere e fare squadra. Il tecnico ha una grande responsabilità perché un approccio sbagliato può allontanare e far perdere fiducia. La durezza e i sacrifici fanno parte della crescita ma bisogna anche gratificarli. Io ho iniziato ogni campionato dando maggiore importanza alla vita della squadra, al rapporto diretto con il gruppo. La quotidianità, il contenuto dell’esperienza con i ragazzi, per me questo vale più di una medaglia, se poi arriva la vittoria la soddisfazione è tanta per tutta la squadra nessuno escluso.
In tanti anni di esperienza come allenatore c’è stato qualche giovane che le sembrava poco bravo e invece poi con il tempo e dandogli fiducia si è riscattato?
Si, ci sono state situazioni di giovani meno talentuosi che poi dando il massimo si sono comunque rivelati utili alla squadra.
Quali sono le qualità che un ragazzo deve avere per essere un buon giocatore di pallanuoto?
Deve avere doti fisiche, acquaticità di base, i più grandi sono stati tutti acquatici ai massimi livelli. Visione di gioco, capacità caratteriali, dare tutto se stesso, rispetto, abnegazione per raggiungere i risultati, quindi grande volontà.
Questo sport è molto impegnativo, tante ore di allenamento, bisogna conciliare lo studio e sacrificare altre cose. Quanto incide tutto questo nella vita di un giovane?
Può incidere anche negativamente se non si è capaci di gestire i tempi e i sacrifici che comportano questo sport allora bisogna fare delle scelte. Per esperienza personale ricordo che il nostro allenamento negli anni ’60 e ‘70 era fissato tutte le mattine alle 7 alla piscina del Circolo Canottieri e cosa importante all’epoca l’impianto non era coperto. Per cui anche in pieno inverno si nuotava all’aperto con il Vesuvio imbiancato. Il nostro allenatore Fritz Dennerlein dopo l’allenamento ci faceva trovare una tazza di latte caldo. Dopo l’appuntamento mattutino c’era il doppio allenamento serale presso la piscina Scandone. Sicuramente bisogna rinunciare a qualcosa ma dei miei compagni molti sono diventati professionisti affermati di cui due notai, un direttore di banca, ingegneri, medici, tutti laureati compreso me. Il sacrificio, la volontà e lo spirito di gruppo condiziona positivamente anche altri aspetti della vita.
Il suo slogan “da ogni sconfitta si esce più forti e più uniti”, vale anche per la vita?
Non è sempre così, questo vale per tutte le squadre. L’essenziale è l’elaborazione della sconfitta e deve servire per vincere in futuro, mettersi in discussione e capire dove ci sono stati errori. Si, vale anche per la vita.
Nell’intervista riportata nel libro di Maria Chiara Aulisio, tra le altre cose, lei afferma: “alla fine i ragazzi li sento tutti miei”.
Anche io sono cresciuto con loro e ognuno mi ha lasciato qualcosa. Lo sport è un laboratorio umano al di là dell’aspetto fisico vale tanto di più il rispetto. In uno sport estremo la mentalità è un elemento importante. Bisogna avere la consapevolezza del senso di gruppo e certe volte limitare la propria espressione egoistica altrimenti si rischia di danneggiare la squadra. Quindi ritengo che anche nella vita è importante sapere quando fare un passo indietro.
Quali sono i suoi progetti nel breve e lungo periodo?
Al momento sono impegnato all’Aquavion di Brusciano nella formazione tecnica dei giovani allenatori. Con la mia esperienza cerco di trasmettere ed indicare il modo migliore di condurre una squadra, il linguaggio da utilizzare per la comunicazione. Inoltre gestisco una piscina in provincia di Salerno in associazione con Carlo Silipo. In futuro mi piacerebbe portare la mia esperienza anche in settori diversi dove occorre la gestione delle relazioni umane.
Lanciamo un messaggio ai ragazzi per avvicinarli allo sport?
È una bellissima esperienza di vita per i ragazzi, di crescita, emozioni, sofferenza, indipendentemente dal tipo di sport che è sempre fatto di sacrifici ma anche di tante belle soddisfazioni e divertimento puro. Per gli allenatori consiglio di essere autentici e cercare di trasmettere gli aspetti positivi dello sport.