di Maria Sordino – Ad uccidere Francesco, il bambino di Cagli morto nell’ospedale di Ancona per un’otite affrontata con l’omeopatia, sarebbe stato il germe “fusobacterium necrophorum”.
Ad individuarlo sono stati i ricercatori del laboratorio dell’Ospedale pediatrico Meyer di Firenze, dove era stato mandato un campione del liquor del bambino di 7 anni. Si tratta di un germe che solitamente causa faringiti e che può essere debellato con la penicillina, non certo con l’omeopatia.
Ma cos’è l’omeopatia? L’omeopatia nasce con il suo scopritore Samuel Hanheman che, agli inizi del 1800, cercando di curare la malaria con il chinino, si accorse che, diluendo la sostanza, poteva curare la malattia senza i pesanti effetti collaterali provocati dal chinino stesso.
Da quel giorno egli sperimentò questo metodo di cura con molte sostanze animali, vegetali, minerali, che si basa sull’uso di rimedi molto diluiti somministrati in granuli, globuli o soluzioni alcoliche. Dopo di lui l’omeopatia si è sviluppata in tutto il mondo e ancora oggi è utilizzata da sempre più numerosi medici.
L’aggravamento omeopatico, ossia l’intensificazione temporanea dei sintomi, è quindi la miglior risposta possibile alle sollecitazioni provocate dal rimedio omeopatico: dietro un iniziale peggioramento del quadro clinico si nasconde anche il segno di una prossima guarigione. Il rischio, però, è che le persone si curino male o ritardino trattamenti più efficaci.
Una precisazione – In Italia è difficile rintracciare informazioni chiare sul sito del Ministero della Salute in merito ai farmaci omeopatici, per i quali, tra l’altro, non c’è alcuna approvazione dell’Aifa, perché per essi non viene effettuata una valutazione dell’efficacia, al pari degli altri farmaci, prima dell’entrata in commercio.
Articolo pubblicato il: 3 Giugno 2017 7:42