sabato, Novembre 23, 2024

Avellino, non ha casa per andare ai domiciliari e resta in carcere

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Francesco Monaco
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Francesco Monaco, giornalista. Esperienza dalla carta stampata a internet, radio e tv. Scrittore, il suo primo romanzo: 'Baciami prima di andare'.

Un 75enne detenuto ad Avellino potrebbe scontare la condanna ai domiciliari, ma resta in carcere perché non ha una casa né i soldi per fittarla.

Potrebbe scontare la condanna ai domiciliari, ma resta in carcere perché non ha una casa né i soldi per fittarla. E’ la storia di un 75enne detenuto nel carcere di Avellino che incrocia quella di un 60enne della provincia di Salerno che dopo aver scontato tredici anni di reclusione, uscito dal carcere, vive in strada e dorme tra i cartoni.

Sono alcune delle storie emerse dal report, presentato oggi ad Avellino, a conclusione del progetto “Viaggio della speranza” promosso dall’Unione Camere Penali insieme al Garante provinciale delle persone detenute e all’associazione “nessuno tocchi Caino” che ha fatto tappa in tutti gli istituti penitenziari della Campania.

“Un viaggio molto spesso nel buio -commenta Carlo Mele, garante per la provincia di Avellino- perchè lo Stato non investe nella rieducazione e nel reinserimento tra le maglie della giustizia-lumaca e le falle del sistema penitenziario”. “Luci e ombre nel carcere di Avellino- ha detto Rita Bernardini, presidente di “nessunotocchi Caino”- : da un lato c’è l’impegno per garantire ai detenuti di lavorare e studiare, dall’altro strutture fatiscenti e nel degrado”. In tutte le case circondariali della Campania, a ricordarlo è la stessa Bernardini, “sono sempre più numerosi e gravi i casi di detenuti tossicodipendenti e con disagi psichiatrici che dorebbero scontare le condanne in strutture detentive alternative che non ci sono”.

“La carenza di psichiatri e assistenti sociali – sottolinea Giovanna Perna, responsabile dell’Osservatorio carceri per l’Unione delle camere penali- è una criticità ormai diventata permanente nonostante sia stata più volte segnala e denunciata. Una situazione che rende più difficile il lavoro dei direttori degli istituti e degli agenti penitenziari oltre a non garantire il rispetto della dignità di questi particolari detenuti”.

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