Dal 22 al 25 agosto ritorna l’edizione di Gustarte a Durazzano e la valorizzazione del vino che ingannava i pastori.
Dal 22 al 25 agosto a Durazzano (Benevento) va in scena l’ottava edizione di Gustarte, la manifestazione per valorizzare le tipicità enogastronomiche e promuovere le bellezze naturalistiche e storiche di un territorio magico sospeso tra il Sannio e la Terra di Lavoro. L’evento intende far conoscere, valorizzare e promuovere la cultura enogastronomica, artigianale ed artistica locale. Per questa mission, Gustarte si propone come un contenitore di iniziative, tutte concentrate ad alimentare la resistenza contro l’oblio delle tradizioni dei piccoli comuni che costituiscono l’elemento caratterizzante della nostra Italia. Quest’anno i lavori di Gustarte consentono di promuovere e far conoscere il percorso di riscoperta del vitigno antico Ingannapastore, caratterizzato da uve a bacca bianca ideali per la spumantizzazione. Questo vitigno è stato utilizzato per produrre uno spumante brut di alta qualità. Il lavoro di riscoperta delle uve rare e il processo di spumantizzazione ha trovato un importante protagonista nell’azienda di Vincenzo Santagata di Alvignano (Caserta) che anche i partecipanti di Gustarte potranno assaggiare e conoscere.
Nel corso della cena di giovedì 22 agosto di Gustarte, il giornalista e communication manager Domenico Letizia racconterà la storia e la riscoperta dell’Ingannapastore ricordando che tale vino veniva utilizzato dai contadini per inebriare i pastori del Matese che in autunno scendevano in pianura e sottoscrivevano i contratti per l’accesso ai pascoli. Il proprietario dei terreni riusciva a chiudere accordi a proprio favore grazie proprio al “contributo relazionale” dell’Ingannapastore.
L’Ingannapastore nelle ultime settimane ha ricevuto una grande attenzione anche attraverso il progetto “Italea Campania”: il programma di promozione del turismo delle radici lanciato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Il grande lavoro di Vincenzo Santagata rappresenta un contributo imprenditoriale di riscoperta del territorio che dimostra l’importanza di dedicare attenzione alle uve rare e alle antiche varietà che rischiavano l’estinzione, contribuendo a salvaguardare la biodiversità e creando nuove opportunità economiche nelle campagne. Tali coltivazioni, documentate per la prima volta nel 1811 nella provincia di “Terra di Lavoro”, sono valorizzate per la qualità del vino prodotto, in particolare quando le viti sono coltivate in simbiosi con gli alberi. I vitigni minori e antichi rappresentano un bellissimo mondo da scoprire, proprio perché spesso sono poco conosciuti e rappresentano la vera anima vitivinicola e la ricchezza, in termini di biodiversità e patrimonio storico culturale, di una determinata zona.