Non solo l’Italia mancherà quest’anno l’appuntamento con la magica cinquina dei migliori film stranieri dell’anno: anche il francese 120 Battiti al Minuto, storia di amore gay e lotta per i diritti dei malati di Aids è stato escluso dalla shortlist degli Oscar, proprio come ‘A Ciambra di Carpignano.
Allo Sky Arte Festival 2017 a Napoli Oliviero Toscani, ospite della kermesse, fece notare che oggi non si parla più di Aids. Una delle foto proiettate nel corso dell’incontro dedicato al fotografo italiano della Benetton era il gigantesco preservativo che ricoprì un giorno l’obelisco di Place de la Concorde a Parigi.
Una fotografia e manifestazione provocatoria che viene ricordata anche nel film 120 Battiti al Minuto di Robin Campillo, regista a lungo collaboratore di Laurent Cantet e montatore per lui, tra l’altro, della Classe (e il suo tocco si nota anche qui nelle riprese a mano montate con tensione emotiva).
Il film di Campillo dura poco più di due ore e per lo spettatore la visione è impegnativa: non mancano infatti scene esplicite che non si vedevano dai tempi della Vita di Adele di Kechiche – motivo per cui questo film non sarà mai trasmesso in chiaro sulla tv di Stato, a patto di tagli in stile Brokeback Mountain -, ma le lotte di Act Up avvincono, tra azioni di disturbo sui palchi di convegni medici e raid con sangue finto negli uffici di Big Pharma.
L’associazione, nata sul modello degli omologhi americani dell’East Coast, e di cui ha fatto parte anche Campillo a suo tempo – che nel film dissemina qua e là aneddoti e fatti veramente accaduti come la vestizione del compagno morto -, viene raccontata nelle sue discussioni di gruppo a suon di schiocchi di dita per le approvazioni, negli amori omosessuali e nel sostegno materno.
Esemplare la scena della professoressa del liceo che contraddice il preside sull’utilità o meno dei profilattici a scuola per i minori, portati dalle streghe eretiche di Act Up. In questo film madri e figli combattono insieme contro le case farmaceutiche, si sporcano le mani e sporcano le vasche da bagno col sangue finto per le dimostrazioni.
I giovani si incontrano e si scontrano, litigano per i volantini del Gay Pride e per la mission generale, corrono per i boulevard e si baciano in metrò, ballano al ralenti in discoteca mentre in dissolvenza sul pulviscolo appare il virus, lugubre come una Death Star delle guerre stellari dichiarate all’Impero della disinformazione e della negligenza. Il tramonto scende sui loro sogni ormai perduti e sulla Senna rosso fuoco, macchiata di sangue innocente, pur sempre finto.
La Francia era il paese più colpito d’Europa negli anni ‘90 eppure si ritardava su scoperte, distribuzioni di farmaci e cure ai cittadini. E il ministero della Sanità faceva poco e niente per la sensibilizzazione sul tema e sulla distribuzione di condom e siringhe sterili. Un po’ come la Iervolino in Italia quando era in carica all’Istruzione, che si oppose alla divulgazione nelle scuole del fumetto di Lupo Alberto, una pubblicità progresso a favore dei contraccettivi in lattice. E da allora è cambiato ancora poco da noi, perché siamo sempre in ritardo come paese rispetto al resto d’Europa.