Nel contesto di un teatro contemporaneo, la commedia “Chi è io?”, scritta e diretta da Angelo Longoni, si impone come un’intelligente indagine sulla psiche umana, un viaggio ironico e drammatico nei meandri dell’identità e della percezione di sé. Al Teatro Diana di Napoli, Francesco Pannofino, nei panni del protagonista Leo Mayer, offre una performance magnetica e stratificata, portando in scena un uomo la cui esistenza si sgretola e si ricompone attraverso un caleidoscopio di sogni, ricordi e incursioni nell’assurdo.
La struttura dello spettacolo si articola attorno a uno show televisivo in cui si intervistano personaggi anticonformisti. Tuttavia, la narrazione si dilata ben oltre la cornice del palcoscenico, sfiorando la dimensione metafisica e interrogandosi su chi sia realmente il soggetto che parla, pensa e agisce.
Il titolo stesso, “Chi è io?”, echeggia una delle questioni fondamentali della psicoanalisi: la frammentazione dell’Io e la costruzione della coscienza attraverso la relazione con l’altro. Leo Mayer si muove tra il ruolo di psicoanalista e quello di paziente della propria mente, oscillando tra la lucidità dell’intellettuale e il naufragio emotivo dell’uomo in crisi. Il tutto in un dimensione onirica e instabile, che lascia emergere la dicotomia tra realtà e rappresentazione, tra l’autentico e il fittizio.
Lo spettacolo diventa così una mise en abyme della società contemporanea, dove il confine tra vita privata e spettacolarizzazione si fa sempre più labile. Il testo di Longoni, intriso di ironia e profondità, trova nel cast una brillante esecuzione: accanto a Pannofino, spiccano le interpretazioni di Emanuela Rossi, Eleonora Ivone e Andrea Pannofino (figlio d’arte), che danno corpo e voce a figure emblematiche, capaci di incarnare nevrosi, desideri e paure con straordinaria versatilità.
Le loro presenze sulla scena assumono un valore simbolico: sono i pazienti da analizzare, ma anche i presentatori dello show, in un gioco di specchi che amplifica l’ambiguità dell’opera. Dal punto di vista psicoanalitico, “Chi è io?” richiama alla mente le teorie di Jacques Lacan, in particolare il concetto dello “stadio dello specchio” e della scissione dell’Io. Il protagonista, nella sua ricerca identitaria, si ritrova intrappolato in un riflesso deformato di sé, in un contesto in cui il linguaggio stesso diventa un labirinto senza uscita.
Il trash televisivo in cui Mayer viene risucchiato rappresenta la deriva dell’individuo nella società dello spettacolo, un mondo in cui l’autenticità cede il passo alla costruzione di maschere. L’epilogo della commedia, in cui il protagonista si confronta con la morte e riconosce che tutti i personaggi incontrati sono proiezioni della moglie, del figlio e dell’amante, suggella l’assunto di fondo: la realtà non è che un intreccio di percezioni e desideri, in cui amore e perdono si rivelano i veri strumenti di riconciliazione con sé stessi e con il mondo. “Chi è io?” non è solo uno spettacolo teatrale, ma un’esperienza che costringe lo spettatore a guardarsi dentro, a interrogarsi sul proprio Io e sulla fragilità delle proprie certezze. Una rappresentazione che, in cartellone al Diana fino a domenica 9 marzo, diverte, scuote e lascia un segno profondo.