In cartellone fino al 6 maggio 2018 al Teatro Bellini di Napoli in prima assoluta, “L’Ultimo Decamerone” di Stefano Massini, ha ottenuto un grande successo di pubblico e critica.
“L’ultimo Decamerone“, titolo dello spettacolo che in questi giorni è presente in cartellone al Teatro Bellini di Napoli, puro esempio di teatro-danza, creato su testi di Stefano Massini che si è liberamente ispirato al celebre Decamerone di Giovanni Boccaccio, l’autore ha dato una sua personale visione della notissima opera trecentesca, e delle sue immortali e divertenti novelle contenute in essa.
Non è stato facile racchiudere le cento novelle, sulle quali si basa l’opera suddetta, in un solo spettacolo immaginato dall’ autore costretto a dover sintetizzarne il contenuto, puntando non solo su una difficile riscrittura dell’opera stessa, ma anche sul linguaggio del corpo attraverso la danza.
Nelle mani di Massini, le 10 novelle narrate dai 10 protagonisti del Decamerone diventano una sola novella: così, tradendo del tutto il testo originale, gli è rimasto più che mai fedele. Magnifiche le coreografie originali di Edmondo Tucci che ha potuto esprimere al meglio quella sua idea di danza con un corpo di ballo come quello del Teatro San Carlo molto professionale, preciso e all’altezza del ruolo difficile sostenuto.
La regia è stata affidata a Gabriele Russo che per questo spettacolo ha voluto puntare sulla “stanchezza” dei personaggi, nel raccontare le storie contenute nelle cento novelle di Boccaccio. «Con Massini, fin dal nostro primo incontro – racconta il regista Gabriele Russo – siamo stati subito d’accordo nel non proporre una lettura in chiave filologica dell’opera, che oggi sarebbe risultata anacronistica o già vista e rivista, piuttosto ci siamo interrogati sul perchè all’epoca Boccaccio scrisse il Decamerone e quali ragioni di allora possano essere ancora oggi valide.
Perchè qualcuno dovrebbe chiudersi in un casolare di campagna e mettersi a raccontare favole? Da cosa fugge? All’epoca, dalla peste. E oggi? Vedremo». Lo spettacolo, al quale il regista non ha dato nessuna datazione, si è svolto con la recitazione di sole sette donne, rinchiuse in una sorta di seminterrato, in un mondo probabilmente già distrutto dall’uomo, dove solo i sentimenti delle sette protagoniste danno vita al racconto che alterna momenti di sofferenza a momenti di gioia.
Il regista, inoltre, ha deciso di costruire lo spettacolo su musiche originali ad opera di Nello Mallardo con gli arrangiamenti di Ivano Leva. Tutti bravi gli interpreti Angela De Matteo, Maria Laila Fernandez, Crescenza Guarnieri, Antonella Romano, Paola Sambo, Camilla Semino Favro, Chiara Stoppa e il Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo diretto da Giuseppe Picone. Le scene sono state curate da Roberto Crea, i costumi di Giusi Giustino, le luci di Fiammetta Baldiserri, le foto di Mario Spada.
Dal punto di vista progettuale è la prima volta in Italia che una Fondazione Lirica e un Teatro di Prosa condividano un impegno produttivo di tale entità, unico anche nella sua concezione: «Questa è un’occasione – prosegue Gabriele Russo – nata dalla nostra ormai persistente voglia di mettere insieme, sparigliare le carte, creare collaborazioni, ampliare gli orizzonti; una voglia che consideriamo la chiave di volta per creare qualcosa di nuovo, di bello.
Abbiamo trovato nella direzione del Teatro di San Carlo disponibilità, apertura e curiosità, e, insieme, ci siamo augurati di dischiudere, con questo esperimento, nuovi scenari e nuove possibilità; di inaugurare, insomma, un nuovo meccanismo che potrebbe essere terreno fertile per l’intero sistema, e, soprattutto, che può diventare un’occasione per il pubblico di vedere in scena spettacoli importanti, che senza la volontà di collaborazione e il coraggio di innovare, sarebbero impossibili da realizzare».