La validità di un farmaco è definita dal produttore sulla base di studi di stabilità condotti prima della commercializzazione. Ma utilizzare un farmaco scaduto può provocare problemi alla salute?
Può capitare di assumere accidentalmente una compressa di un farmaco scaduto, come un antinfiammatorio o del paracetamolo, magari perché è rimasto nel mobiletto dei farmaci dall’influenza dell’anno precedente.
Anche se, per quanto riguarda la sicurezza dei pazienti, la letteratura che deriva da studi recenti ha evidenziato che assumere un farmaco scaduto anche dopo un anno dalla data riportata sulla confezione, non crea problemi in termini di sicurezza, tuttavia è importante verificare attentamente non solo la data di scadenza di ogni farmaco prima di assumerlo ma anche il modo in cui l’abbiamo conservato, per non correre il rischio di non ottenere l’effetto terapeutico atteso. È quanto spiega il dottor Antonio Voza, responsabile di Pronto Soccorso dell’ospedale Humanitas.
Recenti studi in merito alla stabilità dei farmaci hanno dimostrato che le compresse anche di un farmaco scaduto rimangono stabili dall’80 al 100% nei due anni successivi alla scadenza. La situazione è diversa quando si parla di farmaci iniettabili o liquidi come colliri o sciroppi che non vanno mai somministrati se hanno superato la data di scadenza e in particolare se mostrano alterazioni come sedimenti o il liquido appare torbido.
In genere, le compresse e le pillole sono più stabili rispetto alle soluzioni liquide o alle sospensioni. In tutti i casi, il buon senso può esserci d’aiuto: se, aprendo la confezione del farmaco, notiamo dei cambiamenti come colore insolito, odore forte o cambiamenti di consistenza, il consiglio è quello di buttarlo. Compresse che si sbriciolano, pomate diventate secche, fasi separate o soluzioni intorbidite sono tutti segnali di un medicinale da non utilizzare.
Quando si parla di un farmaco scaduto è da tenere in considerazione che la casa farmaceutica non ne garantisce né la stabilità né la sicurezza se non è stato ben conservato. Questo significa che, già dal momento in cui apriamo una scatola di compresse, la conservazione ottimale del farmaco potrebbe essere compromessa per il fatto che il farmaco è stato conservato in una stanza umida come un cassetto della stanza da bagno oppure in una stanza calda come la cucina.
Pertanto, indipendentemente dalla data di scadenza riportata sulla confezione, il farmaco potrebbe ridurre la sua efficacia a causa di una errata conservazione. Infatti, “il deterioramento dei medicinali può essere velocizzato da agenti come umidità, luce diretta, fonti di calore e alte temperature”, afferma Altroconsumo.
I farmaci devono essere riposti in un luogo fresco e asciutto. Il salotto, la camera da letto o il ripostiglio, essendo luoghi generalmente più freschi e asciutti, sono da preferire. Salvo indicazioni diverse riportate sulle confezioni, i medicinali vanno conservati a temperature comprese tra i 20 e i 25° C. Attenzione poi ai medicinali come insuline o vaccini: questi vanno conservati in frigorifero a una temperatura tra i 2 e gli 8° C.
Particolare attenzione va posta, infine, per quei farmaci a basso indice terapeutico in cui anche piccole diminuzioni di attività farmacologica possono provocare pesanti ripercussioni sul paziente e sulla sua patologia, come gli anti-convulsivi, gli anti-coagulanti, i contraccettivi e gli ormoni tiroidei.