In questi giorni si dice tanto e si legge tanto sui vaccini e, come spesso accade, ormai da parecchi anni a questa parte, l’opinione pubblica si divide e, a suon di diritti e di ragioni scientifiche, porta avanti il fronte del no, da un lato e quello del si, dall’altro.
Paradossalmente le vaccinazioni sono “vittime del loro successo”: non essendo più visibili le patologie che sono state debellate o sensibilmente ridotte, è diminuita la percezione della loro importanza, mentre vengono amplificati dal web messaggi allarmanti e preoccupanti sull’utilizzo dei vaccini.
Risultato? Sono sempre meno i vaccinati, tanto che in regioni come l’Emilia Romagna o il Lazio si è imposto l’obbligo della vaccinazione ai bambini, altrimenti non possono essere ammessi all’asilo.
E in Campania?
Il gruppo consiliare Campania libera, Psi e Davvero Verdi, Francesco Emilio Borrelli, componente della Commissione sanità, hanno chiesto al presidente della Commissione sanità, Lello Topo, di avviare al più presto la discussione del disegno di legge, che prevede il divieto di accedere, agli asili nido e agli altri interventi sociali regionali, ai bimbi che non sono vaccinati.
Borrelli ha affermato che “di fronte a un tema che riguarda la salute dei bambini, non devono esserci divisioni e differenze politiche, con la speranza che il disegno di legge possa essere approvato in tempi rapidi.”
La parola d’ordine dovrebbe essere, però, convincere, non obbligare. Perché è così difficile?
Le vaccinazioni rappresentano un’eccezionale scoperta che ha cambiato il volto della storia della medicina. Grazie all’utilizzo dei vaccini nella pratica medica è stato debellato il vaiolo, sono quasi scomparsi il tetano, la poliomielite, la difterite e sono state notevolmente ridotte malattie virali come l’epatite B, il morbillo, la rosolia, la parotite e le malattie batteriche come la meningite.
È un fatto, quindi, che la prevenzione delle malattie infettive costituisca uno dei principali obiettivi della Sanità Pubblica. Eppure, le persone ne hanno paura: causano autismo, stressano inutilmente il sistema immunitario, giusto per citare alcuni dei timori in tema di vaccinazioni.
In realtà la storia ci dice che i movimenti anti-vaccini sono nati con il concetto stesso di vaccinazione. Nel 1802, pochi anni dopo la scoperta della vaccinazione contro il vaiolo, venivano pubblicate inquietanti vignette satiriche di persone vaccinate a cui spuntavano teste di mucca da braccia, gambe, bocca, nonostante il vaiolo mietesse numerose vittime.
Quali sono, oggi come allora, le ragioni profonde alla base del rifiuto delle vaccinazioni?
Sicuramente le informazioni errate, ma non solo. A determinare il rifiuto intervengono anche meccanismi psicologici e cognitivi propri della natura umana. La vaccinazione è un atto medico volontario su una persona sana: la percezione del rischio è amplificata dalla possibilità, anche se remota, degli effetti collaterali, a fronte di una malattia che, al momento della vaccinazione, è lontanissima e impossibile da contrarre.
Non vedendo più i danni di moltissime malattie infettive, grazie alle coperture vaccinali che le hanno debellate, vengono percepiti ben più concreti e probabili i rischi degli effetti collaterali. A poco servono allora le statistiche che li indicano come rarissimi e quasi sempre di lieve entità.
Inoltre la sfiducia verso le aziende produttrici di vaccini, alimentano il sospetto verso le istituzioni sanitarie e nutrono lo scetticismo sulla reale efficacia delle vaccinazioni.E allora? Le vaccinazioni sono uno strumento fondamentale di tutela della salute pubblica mondiale. Non vaccinando i propri figli, si mette a rischio la loro vita e quella di tanti altri bambini e persone deboli che potrebbero subire conseguenze da malattie ormai scomparse. Perché?
Alcune malattie infettive, come ad esempio la poliomielite, nel nostro Paese sono completamente scomparse per effetto della vaccinazione, altre sono vicine all’eliminazione, come la difterite, il morbillo, e la rosolia.
Per raggiungere e mantenere il successo delle vaccinazioni, è necessario vaccinare il più alto numero di persone possibile.
Se ciò non accade, si corre il rischio che alcune malattie possano ricomparire. La poliomielite, dichiarata eliminata dalle Regioni Europee nel 2002, ha potuto diffondersi nuovamente, nel 2005 in Tajikistan e nel 2013-2014 in Israele, per la presenza di una popolazione non adeguatamente vaccinata.
Per questo motivo, per le malattie che si trasmettono da persona a persona, è importante continuare a vaccinare, anche se alcune malattie infettive sembrano scomparse. Esiste anche un altro aspetto da non sottovalutare. Per le malattie che si trasmettono da persona a persona, le vaccinazioni rappresentano, oltre alla protezione dell’individuo vaccinato, una protezione per l’intera collettività.
Nessun vaccino, infatti, ha un’efficacia del 100%, ma se la percentuale di persone vaccinate supera una certa soglia, vicina a questa percentuale, l’agente infettivo non può più circolare. Questo fenomeno in inglese si definisce herd immunity, che in italiano è tradotto come “immunità di gregge”.
In una comunità nella quale la maggioranza degli individui è vaccinata e quindi immune, anche i soggetti che non possono essere vaccinati, perché troppo piccoli o perché hanno malattie che impediscono le vaccinazioni, saranno protetti.
In questa prospettiva, la vaccinazione rappresenta, oltre che una protezione del singolo, anche un atto di solidarietà e di senso civico, che contribuisce a migliorare il livello di salute dell’intera comunità.
Una storia che non avremmo voluto raccontare….
“Nei primi anni ‘90 vivevamo a Berlino, in Germania. Eravamo giovani e pieni di progetti per il futuro. Mia moglie Anke lavorava come infermiera e io avevo appena iniziato la mia carriera professionale come ingegnere. Diventammo una piccola famiglia quando nacque Julian, il nostro figlio più grande, nella primavera del 1992. Dopo due anni, durante l’estate del 1994, arrivò anche Maximilian e la nostra gioia fu completa. Allora, non avevamo la minima idea di quanto le nostre vite sarebbero cambiate drammaticamente alcuni anni più tardi.
Max si ammalò di morbillo nell’inverno del ‘94/’95. Ci preoccupammo, perché aveva solo sei mesi. Era troppo presto per fare la vaccinazione, ma non troppo presto per acquisire l’infezione.
Furono giorni duri, perché la febbre alta causò complicanze polmonari. Dopo poche settimane, per fortuna, tutto finì. Max recuperò e, con l’arrivo della primavera, tornò il bimbetto vivace e pieno di energia che era prima. Il morbillo divenne per noi solo un brutto ricordo. Qualche anno più tardi, Max cominciò a manifestare strani comportamenti.
I medici le chiamavano ‘assenze’ finché, nell’ottobre 2004, ebbe la prima crisi epilettica.
Ci dissero che si trattava di un evento che, a volte, i bambini sviluppano quando stanno per entrare nella pubertà. Tra il dicembre del 2004 e il febbraio del 2005, nostro figlio sembrava essere tornato in salute.
Non ci preoccupammo del fatto che non voleva andare più a scuola, perché non riusciva a tenere il passo con le lezioni. Ignorammo il fatto che non riusciva a ricordare cose accadute appena poche ore prima. Non volevamo renderci conto di cosa stava realmente accadendo.
Le crisi tornarono a marzo. Pesanti, frequenti e diverse. I medici ci consigliarono di rivolgerci a uno dei migliori centri per l’epilessia in Germania, a Kehl-Kork.
Furono necessari solo pochi esami per confermare il peggiore dei sospetti: a Max fu diagnosticata la Pess, Panencefalite subacuta sclerosante, una complicanza tardiva del morbillo che aveva sviluppato in età precoce. Rara, ma fatale, in ogni caso e senza eccezioni.
Disperazione, incredulità, false speranze, rabbia non sono servite a niente. Max ci ha lasciati per sempre il 10 febbraio 2014.
Ruediger Schoenbohm, padre di Max, ha fondato insieme a sua moglie ed alcuni amici l’associazione “aktion-max e.V.”. Offre informazioni sulla Pess e sul suo trattamento e aiuta a stabilire contatti con esperti, medici e famiglie colpite dalla Pess nel mondo.
Ha sostenuto numerose iniziative volte all’educazione della popolazione sui danni del morbillo, sulle potenziali complicanze come la Pess e sui rischi della mancata vaccinazione dell’infanzia. La famiglia e l’associazione hanno base nell’area di Stuttgart, in Germania.
(DAL SITO VaccinarSI – “Storie di…” – modificato)