Nel giorno dell’onomastico del Sovrano Carlo III di Borbone, è stata messo in scena, con due recite inedite e convincenti, il celebre capolavoro di Pergolesi “La Serva Padrona”.
Garbata, elegante e convincente rappresentazione de “La Serva Padrona” di Giovanni Battista Pergolesi, nelle due recite presso la chiesa della Graziella dove il celebre capolavoro del compositore di Jesi ha assunto una rilevanza e un’esecuzione molto particolare, visto che per la prima volta è stata messa in scena con la partitura originale adottata a Parigi nel 1754 e quindi in versione bilingue, italiano e francese, sottolineandone la spiccata distinzione tra la partitura originale napoletana e quella integrativa, francese.
Il 4 ottobre 1746 arrivò per la prima volta a Parigi, dove fu rappresentata al teatro dell’Hotel de Bourgogne, ottenendo un buon successo di critica. Nel 1752 ritornò di nuovo a Parigi con una compagnia di “buffi” italiani, e questa volta il successo fu decretato nel favoloso teatro dell’Opera, dove si originò la cosiddetta “Querelle des bouffons” ovvero la nota disputa tra i sostenitori dell’opera tradizionale francese tra le cui fila prossimo annoverare Jean-Babtiste Lully e Jean-Philippe Rameau e quelli invece della nascente opera buffa italiana, dove troviamo primo fra tutti, Jean Jacques Rousseau, il quale alimentò con grande provocazione tale disputa fino a sostenere che “solo a Napoli si impara a comporre la musica”.
Un chiaro ed esplicito riferimento al grande Pergolesi, di cui citava la “Serva Padrona” come “modello di canto, di unità, di melodia, di dialogo e di gusto”.
Una premessa fondamentale, questa, per sottolineare il lavoro egregio e certosino che “Oltrecultura” in collaborazione con l’Associazione “Ad alta voce”, ha potuto realizzare in così poco tempo e con grande fatica, grazie all’impegno serio e professionale dei giovani e valenti cantanti impegnati nelle due recite citate. Operazione filologicamente corretta quella realizzata da Dario Ascoli nelle due serate partenopee presso la chiesa della Graziella, dove è stata messa in scena in pochissimo tempo e con cantanti non professionisti, ma molto bravi e convincenti, uno degli spettacoli più belli, e deliziosi che ha appassionato e coinvolto i fortunati presenti allo stesso.
Un adattamento che premia un lavoro altamente professionale del maestro concertatore Dario Ascoli, che con grande efficacia e sorprendente livello artistico, ha confezionato un allestimento emblematico del teatro comico settecentesco, portando in scena il capolavoro pergolesiano in prima esecuzione moderna, ripristinando anche il duetto finale originario dello stesso Pergolesi, che fu sostituito a lungo da altro proveniente dall’opera “Il Flaminio”.
E aggiunge Dario Ascoli: “Nella nostra revisione abbiamo voluto mantenere intelligibile il testo originario napoletano dato al San Bartolomeo nel 1733, ma a evidenziare il viaggio a Parigi e il ritorno in patria della partitura, abbiamo ripreso le interpolazioni di Pierre Baurans del 1754, affidandole però a personaggi e interpreti aggiuntivi che nel finale interagiscono con i due protagonisti in un grande concertato ricco di metafore sociali che, nelle nostre intenzioni, assume il sapore del trionfo dell’opera buffa napoletana“.
Se pensiamo, inoltre, che i due allestimenti sono stati realizzati nella chiesa della Graziella, cioè il vecchio teatro San Bartolomeo, all’epoca massimo teatro della città dove erano state rappresentate le prime delle più importanti opere di Pergolesi, allora questa operazione storico-filologica-operistica assume una valenza di gran lunga superiore a qualsiasi altra messa in scena del capolavoro pergolesiano.
Successivamente, il 4 novembre 1737, veniva inaugurato il teatro San Carlo che il lungimirante re Carlo III di Borbone, aveva fortemente voluto, sostituito dal vecchio, obsoleto e piccolo teatro San Bartolomeo, che non era più idoneo a rappresentare i fasti e gli onori di una città come Napoli che iniziava a diventare Capitale d’Europa.
Nel 1737 inoltre, l’architetto Angelo Carasale ottenne in dono dal sovrano Carlo III i ruderi del piccolo teatro appena abbattuto e in segno di gratitudine fece erigere una piccola chiesa dedicata alla Santa Maria delle Grazie, successivamente denominata “Graziella al Porto”.
I giovani cantanti che hanno reso possibile tale ambizioso progetto, hanno partecipato con dedizione e grande spirito di sacrificio, al “Laboratorio Opera 700” seguiti e istruiti dai maestri del calibro di Maria Grazia Schiavo e Filippo Morace, due grandi artisti di livello internazionale che hanno preparato con successo i cantanti qui di seguito citati.
Rosita Rendine e Maria Cenname (Serpina), Nicola Ciancio e Jaime Edoardo Pialli (Uberto), Chiara Marani (Zerbine), Maurizio Bove (Vespone/Pandolphe), Chiara La Porta (Vancardella), Edoardo Fearrari (Policarlo), Maurizio Paoloantonio (Pulcinella), Elena Renda(Pinpinella).
La regia è stata curata da Tonia Barone e le coreografie da Massimiliano Scaradacchi. Le scene sono state realizzate da Laura Lisanti. Le musiche eseguite dalla piccola e brava orchestra composta dai musicisti del “Concertus Giuseppe Sigismondo” diretta naturalmente da Dario Ascoli.