sabato, Novembre 23, 2024

Addio a Giuliano Montaldo, il regista di “Sacco e Vanzetti”

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Carlo Farina
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Carlo Farina - cura la pagina della cultura, arte con particolare attenzione agli eventi del Teatro San Carlo, laureato in Beni culturali, giornalista.

Scomparso a Roma il 6 settembre 2023, all’età di 93 anni, Montaldo ha lasciato nel Cinema Italiano, quello vero, una profonda e difficilmente eguagliabile eredità che nessuno potrà mai sostituire.

L’ultima volta che ho avuto il piacere di approfondire la mia ulteriore conoscenza del cinema di Giuliano Montando, recentemente scomparso all’età di 93 anni, non è stato con uno dei suoi numerosi film che ormai fanno parte della storia del cinema italiano, ma bensì con un suo libro uscito nel maggio del 2021 dal titolo significativo Un grande amore, edito da “La nave di Teseo”.

La bella e nostalgica immagine della prima di copertina mi colpì subito, perché veniva ritratto insieme al suo unico e profondo amore della sua vita: Lea Pescarolo. Il mio forte interesse per il cinema e soprattutto per un buon cinema d’autore, mi spinse ad acquistare subito questo libro, non solo perché conoscevo già i numerosi e invidiabili lavori cinematografici di Montaldo, ma perché avevo anche visto recentemente con grande interesse e attenzione, un gradevole documentario dedicato proprio alla vita e alla carriera di questo grande regista italiano, del quale era protagonista insieme alla moglie Vera Pescarolo.

Gran parte degli aneddoti e del racconto di una vita meravigliosa vissuta forse negli anni più belli del cinema italiano, sono pertanto contenuti in questo libro che parte proprio dal suo esordio alla regia con Tiro al piccione che non smette di essere un ricordo amaro. Infatti il film, che fu presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1961, venne letteralmente “massacrato dalla critica dei giornali di destra e di sinistra, poco propensi ad apprezzare la storia di un ragazzo che si arruola nell’esercito della Repubblica di Salò”.

Molto deluso e scoraggiato aveva già deciso di abbandonare Roma e ritornare nella sua città natia Genova, quando l’incontro fortuito con il suo futuro produttore cinematografico Leo Pescarolo, fratello di Vera, gli cambierà per sempre la sua vita, proiettandolo verso una carriera difficile ma luminosa, consacrandolo come uno dei più grandi registi italiani del cinema mondiale.

Ripercorrendo tutta la sua carriera cinematografica attraverso i suoi film, che l’hanno visto autorevole protagonista di un cinema impegnato, un vera e propria punta di diamante che ha avuto la capacità di rappresentare così bene la complessità del cinema italiano del secondo dopoguerra, mi sembra che Montando abbia contribuito a far emergere alcuni significativi elementi che raccontano così bene come quella stagione felice del cinema italiano sia stata così ricca, articolata e stupefacente. 

Particolarmente prolifico come regista, dopo il suo film d’esodio già citato e Una bella grinta del 1965, Montaldo realizza due film del genere cinematografico americano, Ad ogni costo del 1967 con un grande Edward G. Robinson, un convincente Adolfo Celi e un “pericoloso” Klaus Kinski, il cui spregiudicato temperamento era purtroppo già noto a tutti e sul set non fu da meno neanche in questo, creando qualche problema alla produzione e al regista stesso.

Il suo secondo film di ambientazione americana, dopo il successo di Ad ogni costo, fu Gli intoccabili del 1969 (da non confondere con quello di Brian De Palma del 1987) dove ebbe, anche qui, qualche problema serio con il protagonista John Cassavetes che, da futuro regista indipendente americano, gli stava forse troppo stretto il ruolo di protagonista, inoltre pretese anche la presenza nel cast del film dell’attore Peter Falk (il “nostro” tenente Colombo) suo grande amico e della moglie Gena Rowlands; Gabriele Ferzetti e Salvo Randone completarono il ricco cast.

Il film ha avuto il pregio di raccontare, per la prima volta, il nuovo fenomeno della mafia italo-americana, che prima di allora non era mai stato affrontato così  esplicitamente, confezionando un buon film d’azione e lasciando il commento musicale alla struggente The Ballad of Hank McCain di Ennio Morricone, un compositore che collaborò più di una volta ai commenti musicali dei suoi film.Addio a Giuliano Montaldo, il regista di "Sacco e Vanzetti"

É inoltre doveroso e indispensabile soffermarmi sul suo, probabilmente, più grande successo cinematografico: Sacco e Vanzetti del 1971, in cui viene rievocata la tragica e indimenticabile vicenda dei due sfortunati anarchici italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, rispettivamente interpretati da Riccardo Cucciolla e Gian Maria Volontè.

Arrestati nel 1920 per rapina e omicidio negli Stati Uniti e condannati, in un processo farsa e da innocenti alla sedia elettrica, diventarono i martiri più famosi e leggendari di una pagina nera e vergognosa della storia americana. Con il suo film Montaldo ha contribuito efficacemente alla completa riabilitazione dei due anarchici italiani, riconosciuti innocenti, dopo molti anni, dallo stesso Governo degli Stati Uniti. Senza dubbio una delle più grandi soddisfazioni del regista genovese.

Memorabile il pezzo Here’s to you, cantato da Joan Beaz, su musiche sempre di Morricone che riscosse un successo mondiale che forse nessuno si aspettava così grande e incisivo.

Lo stesso vale anche per Giordano Bruno del 1973, dove ritroviamo ancora uno strepitoso Volontè, al culmine della sua carriera cinematografica, interpretare il Nolano che dà il titolo al film, il filosofo che diventa simbolo di una libertà soffocata e condannata dal potere temporale di una Chiesa assassina, corrotta e prevaricatrice e che ha paura del pensiero libero e intellettuale, lucido e lungimirante di Giordano Bruno: verrà condannato dall’Inquisizione e mandato a morire, ingiustamente, sul rogo.Addio a Giuliano Montaldo, il regista di "Sacco e Vanzetti"E voglio ancora continuare citando L’Agnese va a morire del 1976 tratto dal romanzo della Viganò, Il giocattolo del 1979, che forse chiude il filone del poliziesco italiano, con un’indimenticabile e bravissimo Nino Manfredi accanto a un troppo presto dimenticato Vittorio Mezzogiorno fino ad arrivare a Gli occhiali d’oro del 1987, tratto da un racconto di Giorgio Bassani con un malinconico Philippe Noiret, la cui interpretazione e l’intero film piacque allo stesso Bassani che si complimentò con Montaldo durante la proiezione privata dello stesso.

Voglio inoltre citare anche Tempo di uccidere del 1989, tratto dall’omonimo, primo e unico romanzo di Ennio Flaiano che, nonostante i buoni propositi, non riesce a superare ne eguagliare la bellezza, il fascino e l’atmosfera del romanzo di Flaiano. E potrei continuare ancora a citare tutti i suoi film, sempre accompagnati dalla vigile e preziosa presenza di Vera Pescarolo, musa ispiratrice e grande donna di cinema che ha saputo affrontare con grinta e determinazione anche le prove più difficili di questa incredibile avventura cinematografica, e mi riferisco innanzitutto alla realizzazione del fortunato Marco Polo, tratto da Il Milione di Marco Polo e Rustichello da Pisa.Addio a Giuliano Montaldo, il regista di "Sacco e Vanzetti"

Il resoconto di un lungo viaggio sulla via della seta che il protagonista fa con suo padre e lo zio. Furono giorni di intenso lavoro in Cina e in Mongolia, raccontati molto bene e con spirito d’avventura da Mondaldo; addirittura fu ricreata un’altra Piazza San Marco, a Venezia ma del 1400. Le quattro puntate furono trasmesse dalla Rai nel 1982, per un totale di 600 minuti: fu un grande successo di pubblico e di critica. Voglio infine ricordare il suo ultimo lavoro cinematografico, non come regista ma bensì come attore, nel film Tutto quello che vuoi del 2017, con un cast di giovani attori gran parte esordienti, per la regia di Francesco Bruni, un film che mi è piaciuto molto e il regista è stato premiato in molti festival.

Con la scomparsa di Montaldo termina la sua meravigliosa carriera cinematografica, che ha saputo raccontare con stupefacente realtà e grande professionalità, alcune pagine oscure della storia italiana e internazionale, attraverso un modo di lavorare serio, attento, meticoloso e appassionato.

Probabilmente, Giuliano e Vera, insieme sono stati una coppia leggendaria nella vita come nel lavoro, una vera forza della natura, premiati dalla loro grande capacità di raccontare storie attraverso il più bel lavoro del mondo, quello del cinema. E, ritornando al libro citato in apertura, cosi conclude Montaldo lo stesso: E finalmente con Vera abbiamo deciso che il momento di abbassare la saracinesca è arrivato davvero.  

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