domenica, Novembre 24, 2024

Addio a Maradona capopopolo e rivoluzionario

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Giuseppe Giorgio
Giuseppe Giorgio
Caporedattore, giornalista professionista, cura la pagina degli spettacoli e di enogastronomia

Maradona per i napoletani significò, riscatto e felicità. Il “Pibe de oro” fu un momento di estasi calcistica in grado di ridare dignità a Napoli.

Diego Armando Maradona, per i napoletani, alla pari del presepe di Eduardo nella sua “Natale in casa Cupiello”, rappresentò “una cosa religiosa”. Così come la sfogliatella, la pizza, la Piedigrotta, il “Festival di Napoli”, riuscì da subito a incarnare l’anima del popolo partenopeo identificandosi in una delle più vive e sognanti espressioni di una città che cambiava e sperava.

Divenuto, oggi, mesto ricordo di una Partenope sempre più mutilata dei suoi pezzi migliori, Maradona per i napoletani significò, riscatto e felicità. Il “Pibe de oro” fu un momento di estasi calcistica in grado di ridare dignità a una terra da sempre affidata ai peggiori, vittima di potenti senz’anima e dominatori senza scrupoli.

Quando c’era Maradona in campo, davanti alla radio e alla televisione, dai “bassi” dei quartieri spagnoli e della Sanità, agli appartamenti del Vomero e ai super attici di via Petrarca, la città si fermava e una sorta di piacere spirituale s’impossessava dei napoletani divenuti per 90 minuti tutti uguali. Immagine buona di una terra che cercava di liberarsi dalle sue miserie, rivincita dei poveri sui ricchi, Maradona per i napoletani, alla pari dei De Filippo, di Taranto, Totò, Troisi e Daniele, fu motivo di orgoglio e riscossa. Capopopolo e rivoluzionario indiscusso come lo fu Masaniello, amico di potenti e di Papi, padre di tanti figli sparsi per il mondo e Re incontrastato degli eccessi, Maradona lascia l’incancellabile ricordo di un genio del calcio senza precedenti.

La memoria di un “dio” sceso in terra che ha fatto appena in tempo a compiere la sua missione prima di trasformarsi in leggenda. E se un giorno i partenopei vorranno narrare quei loro anni divisi tra il 1984 e il 1991, nessun modo potrà essere più vivo e palpitante di raccontarli partendo dalla frase: “C’era una volta…il grande e meraviglioso Maradona”.    

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