Dal 1° gennaio 2024 l’aliquota, per chi effettua contratti di locazione breve, resta al 21% solo per il primo immobile locato, dal secondo in poi passa al 26%. Ormai, la scelta della locazione turistica per mettere a reddito un immobile è diventate un vero e proprio business in Italia, visto che in questo modo si può sfruttare la stagionalità del turismo anche per rivedere i prezzi delle locazioni. Proprio per questo motivo, sempre più proprietari di case diverse dall’abitazione principale scelgono questa forma di guadagno che, tra l’altro, non rientra nel reddito di impresa per chi possiede fino a quattro strutture.
Anche se il cambiamento non coinvolge la maggioranza degli italiani, si tratta di un aumento che va a sommarsi ad altri aggravi previsti per i proprietari di immobili (come, ad esempio, la plusvalenza introdotta per chi vende un immobile ristrutturato con il superbonus prima che sia decorso un determinato periodo o come l’aggiornamento della rendita catastale, sempre per gli immobili ristrutturati con superbonus, che ha effetti anche sull’Imu).
L’aumento della cedolare secca al 26% è rivolto solo a coloro che finalizzano con affitti brevi da due a quattro immobili con locazioni fino a 30 giorni. Secondo le intenzioni del governo l’aumento dell’aliquota dovrebbe servire per finanziare una riduzione della tassazione sulla prima casa.
L’articolo 1, comma 63 della Legge di Bilancio, che ha introdotto la modifica dell’aliquota della cedolare secca per chi destina più di un appartamento alla locazione turistica breve, prevede anche obblighi nei confronti di chi esercita attività di intermediazione immobiliare per la stessa tipologia di contratti di locazione. Nel dettaglio la novità porta, per questi soggetti, l’obbligo di operare la ritenuta a titolo di acconto se incassano o intervengono nel pagamento dei canoni relativi ai contratti di locazione breve.
Articolo pubblicato il: 3 Marzo 2024 10:00