lunedì, Dicembre 23, 2024

Alzheimer, individuato il gene che combatte la malattia

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Maria Sordino
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Maria Sordino - cura la pagina della sanità, sociale, attualità, è laureata in Scienze Biologiche, scrittrice.

Malattia di Alzheimer, trovata, nel DNA di una donna colombiana a rischio, una rara mutazione genetica che l’ha protetta per almeno tre decenni.

La malattia di Alzheimer è molto diffusa in Colombia, a causa di una predisposizione genetica, che porta le persone ad ammalarsi intorno ai 40 anni. Buona parte della popolazione colombiana, infatti, è portatrice di una rara modifica genetica chiamata “E280A” a carico del gene “Prenesilina 1”. Questa mutazione conferisce un rischio di Alzheimer precoce con esordio dei sintomi già a 40 anni.

La fortunata donna, predisposta geneticamente allo sviluppo della malattia in età precoce, era invece portatrice di un’altra mutazione, chiamata “APOE3ch“, che l’ha protetta dalla malattia per almeno tre decenni. La donna aveva due copie della mutazione protettiva nel suo Dna e il suo cervello risultava immune dalla neurodegenerazione e dall’accumulo di ammassi neurofibrillari tossici (implicati nell’Alzheimer).

In pratica, anche se nel suo cervello vi era accumulo della sostanza tossica “beta-amiloide” legata all’Alzheimer, non si sono generati i danni indotti da questa sostanza e i sintomi della malattia sono comparsi solo oltre trent’anni più tardi.

Il case study è stato riportato sulla rivista Nature Medicine da Yakeel Quiroz del Massachusetts General Hospital di Boston. «Questo singolo caso apre le porte a nuovi trattamenti che, piuttosto che agire sulla causa stessa della malattia, conferiscano resistenza alla demenza», dichiara Quiroz.

«Questo studio rivela un meccanismo naturale di protezione contro l’Alzheimer – spiega in un commento all’ANSA Michele Vendruscolo dell’Università di Cambridge. – Si tratta di un processo molecolare capace di frenare la malattia anche in presenza di depositi significativi di placche di beta-amiloide. Se il risultato sarà confermato, sarà rilevante traslare tale meccanismo in ambito farmacologico», conclude.

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