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Assistente virtuale dell’azienda, una rivoluzione per le Pmi

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L’annuncio arriva da Las Vegas riguarda Alexa: assistente virtuale dell’azienda, un prodotto, ma in realtà anche un servizio di intelligenza artificiale costruito nel cloud di Amazon.

Gli assistenti virtuali stanno entrando nel mondo del lavoro. Facebook, Messenger o Twitter sono diventati strumenti di comunicazione adoperati dalle aziende per mettersi in contatto con i clienti. Questo per dire che l’intelligenza artificiale sta impattando enormemente sull’universo lavorativo.

L’annuncio di pochi giorni fa arriva da Las Vegas riguarda Alexa, assistente virtuale dell’azienda: un prodotto (con i vari altoparlanti smart da piazzare in casa e adesso in ufficio) ma in realtà anche un servizio di intelligenza artificiale costruito nel cloud di Amazon. Un servizio estendibile tramite API ad altri sistemi (potrà leggere le informazioni ad esempio di Salesforce, Outlook e Google Suite e di decine di altre applicazioni aziendali) il cui obiettivo non è sostituire i dipendenti di un’azienda, ma contribuire ad eliminare l’attrito che le attività più ripetitive e banali fanno accumulare tutti i giorni.

Secondo quanto emerso da una ricerca di Deloitte intitolata “Human Capital Trends 2017”, che ha coinvolto un campione di 10.400 professionisti in 140 Paesi, il 38% degli intervistati sta già utilizzando l’intelligenza artificiale sul posto di lavoro e il 62% si aspetta di farlo entro il 2018.

Un insieme di tecnologie che Amazon ritiene mature per fare sia da nuova interfaccia alla “macchina intelligente”, cioè capace di raccogliere l’input dell’utente, elaborarlo e restituire un output, con l’apparente magia del riconoscimento vocale, l’analisi semantica, la ricerca trasversale su base dati diverse, l’attuazione di ordini strutturati anche nel mondo fisico grazie alla domotica (alza e abbassa la temperatura della stana, le luci, le tapparelle) e la sintesi vocale per fornire un feedback in linguaggio naturale.

Le nuove tecnologie, i sistemi di automazione possono portare molti vantaggi nelle aziende, anche se comportano dei costi di implementazione sono utili nella semplificazione dei processi. Per i dipendenti, invece, adoperare le nuove tecnologie spesso vuol dire un maggiore impegno per migliorare le competenze digitali. I cambiamenti vanno comunque introdotti in maniera soft per non farli percepire come una minaccia.

Le cose che si possono fare sono anche meno routinarie: una volta che si addestra un sistema ad analizzare i dati, la classe di informazioni con la quale si lavora non è un problema. Si apre la strada per gli specialisti di particolari settori. Ad esempio Dynatrace, azienda americana di gestione delle performance digitali delle aziende, ha lanciato pochi mesi fa “davis”, un assistente online (appoggiato al cloud di AWS) che permette ai dipendenti di una azienda di chiedere dati e analisi relative all’andamento delle attività aziendali: dalla reportistica sulla produzione e vendita ai problemi di assistenza e aftermarket.

Secondo gli esperti Hays, l’introduzione delle nuove tecnologie riguarderà i seguenti aspetti del lavoro:

  • Automazione delle attività ripetitive
  • Assistenza automatizzata ai dipendenti attraverso chatbot e chat gestite attraverso l’intelligenza artificiale
  • Analisi di grandi quantità di dati
  • Apprendimento e sviluppo
  • Identificare i candidati passivi in cerca di lavoro: ovvero coloro che possiedono un profilo interessante ma non cercano attivamente.

L’ondata di assistenti digitali “generalisti”, i giganti sui quali gli specialisti come Dynatrace costruiscono i propri servizi, sta montando: accanto ad Alexa di Amazon, che adesso prende spazio nell’ambiente lavorativo, ci sono anche Siri di Apple (rivolta solo al mercato consumer e la più “chiusa” fino a questo momento), Cortana di Microsoft, Google Now di Google e Watson (nelle sue diverse ramificazioni) di Ibm.

Ci sono anche soluzioni molto più specializzate: ad esempio, X.ai, l’assistente personale Amy Ingram, un sistema che permette di ridurre il traffico di email per organizzare meeting e riunioni, grazie a un meccanismo di brokeraggio delle disponibilità dei partecipanti, sincronizzando le agende di tutti. Negli Usa i primi a sperimentare sono la grande distribuzione, ma anche le compagnie telefoniche e i fornitori di servizi di connettività e televisione via cavo.

Come spiega Mark Skilton, professore alla Warwick Business School, “questa forza lavoro virtuale, accessibile grazie al cloud, sarà una rivoluzione soprattutto per le piccole e medie imprese“.

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