“La macchina delle immagini di Alfredo C.” ad AstraDoc: Roland Sejko e Pietro De Silva al Cinema Academy Astra per presentare il documentario.
Il regista Roland Sejko e l’attore Pietro De Silva hanno fatto tappa a Napoli per presentare il film documentario “LA MACCHINA DELLE IMMAGINI DI ALFREDO C.”. L’opera, prodotta e distribuita dall’Istituto Luce-Cinecittà, è stata proiettata al Cinema Academy Astra a Napoli nell’ambito della rassegna “AstraDoc – Viaggio nel cinema del reale”. Nella sala di via Mezzocannone 109 è intervenuto anche il Prof. Settimio Stallone, Direttore dei corsi di laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali dell’Università Federico II.
Il film – presentato come evento speciale alla 78ª Mostra del Cinema di Venezia, ora nella short-list di documentari candidati ai Premi David di Donatello – racconta i fatti dell’aprile 1939 quando l’Italia fascista occupa l’Albania dove vengono trasferiti migliaia di operai, coloni e tecnici italiani.
Bisognerà aspettare novembre del 1944 per vedere il Paese balcanico liberato. Ne segue un regime comunista che chiude i confini e che impone al Belpaese numerose condizioni per il rimpatrio dei suoi concittadini. Tra i 27mila trattenuti italiani in Albania, tra reduci e civili, c’è anche un operatore cinematografico.
È Alfredo C. che ha lavorato nella propaganda fascista, girando per cinque anni l’Albania con la sua cinepresa. In realtà, prima di superare l’Adriatico, per quasi un ventennio, ha immortalato la capillare macchina del regime. A un certo punto si ritrova a fare lo stesso ma per un regime comunista. Chiuso nel suo magazzino, circondato da migliaia di pellicole, Alfredo C. rivede su una vecchia moviola quello che ha girato. La sua storia. È il suo film quello che vediamo. E forse, non solo il suo.
L’operatore cinematografico, che ha guidato la macchina da presa per due regimi dalle “sensibilità” opposte, è stato il testimone che ha raccontato per immagini una storia che rischia ancora di essere dimenticata. Oblio e memoria, difatti, sono temi del documentario materializzati in centinaia di rulli di pellicole, una moviola inceppata, una cinepresa, una pressa da montaggio, un passafilm e altri attrezzi ormai in disuso.
La pellicola – girata a Cinecittà e realizzata grazie al materiale di diversi archivi cinematografici, tra cui l’Archivio Storico Luce, quelli di Albania, Londra e Mosca – riporta all’attenzione fatti passati nel dimenticatoio.