Racconti in viaggio: “Atlante” di Vincenzo Scaglione fa parte della collana edita da La Bottega delle parole (e pensata per dare spazio a giovani autori).
Dopo Mangiando il fegato di Bukowski a Posillipo di Francesco Amoruso, Il tritacarne di Alessandro Ridosso e Come una canzone di Alfredo Carosella, ecco Atlante di Vincenzo Scaglione, quarto “capitolo” della collana Racconti in viaggio edita da La Bottega delle parole, volta alla scoperta di scrittori non ancora noti al grande pubblico.
Per Scaglione (28enne napoletano, laureato in Lettere moderne e laureando in Filologia moderna), Atlante rappresenta un vero e proprio esordio, visto che si tratta del suo primo racconto edito.
Già presentato alla libreria La bottega delle parole di San Giorgio a Cremano, alla libreria Spartaco di Santa Maria Capua Vetere e alla Biblioteca comunale di Parete, Atlante nasce così: “L’idea del racconto -ha dichiarato Vincenzo Scaglione a 2A News- è nata dall’esigenza di raccontare uno stato d’animo, con la speranza di riconoscersi in qualcun altro. Devo dire che, in questi due mesi di riscontri, parecchie persone mi hanno detto di essersi visti in quella o quell’altra frase, e questo può solo che farmi un immenso piacere”. Con grande freddezza, Scaglione cerca di capire le cause dell’amara fine della storia d’amore tra Valerio e Rachele. Il racconto è dunque una sorta di viaggio dell’anima, tra ricordi difficili da dimenticare e un grande peso da sopportare per Valerio.
Un peso talmente ingombrante che potrebbe ricordare quello sostenuto dal titano Atlante, chiamato a sorreggere il mondo intero sulle proprie spalle. Che siano semplici oggetti o scene di un film, tra un flash-back e l’altro la mente del protagonista non può non andare a quei momenti di felicità così lontani eppure così vicini.
Scaglione, che per un periodo ha anche scritto articoli giornalistici, ci ha inoltre raccontato com’è stato passare da quel tipo di scrittura a quella di un racconto: “E’ totalmente un’altra cosa. Pur avendo scritto molti articoli per varie testate -sottolinea ancora l’autore di “Atlante”- non ho mai preso un tesserino da pubblicista e di fatto non sono un giornalista pubblicista; per un periodo mi ci sono sentito ed è stato bello comunque, ma penso non sia la mia strada. L’ho capito da poco. La scrittura creativa, o la scrittura in generale, è un campo in cui mi sento più a mio agio perché mi permette di svincolarmi da quelli che sono i giusti ma per me noiosi criteri di pubblicazione. In definitiva, vedo questo passaggio (se di passaggio si può parlare) come qualcosa di naturale e più consono alla mia personalità”.