I vecchi azionisti del Banco di Napoli hanno diritto ad una quota parte dei crediti recuperati, negli anni, dalla Società di Gestione dell’Attivo (Sga). Lo riporta ‘Il Denaro’, che conferma come la chiave di tutta la vicenda sia da trovare nelle leggi che, a loro tempo, “hanno regolato i vari passaggi della vendita del Banco di Napoli. Prima alla cordata composta da Ina e Bnl e successivamente a Intesa Sanpaolo”.
La situazione in cui stanno versando i vecchi azionisti, e’ tornata alla ribalta grazie alla battaglia che questi stanno portando avanti con alcune associazioni, quali Acli Beni Culturali, l’Associazione Mediterranea e la “Filangieri”.
Come si legge, “l’articolo 2 della legge 588 del 19 novembre 1996, che converte il decreto numero 497 del 24 settembre dello stesso anno, contiene infatti una serie di disposizioni relative agli azionisti dell’epoca e specifica come esse siano applicabili al momento della conclusione dell’attività di recupero crediti da parte della Sga. Una società, quest’ultima, ancora attiva e con sede proprio a Napoli”. E gli utili accumulati grazie al recupero di crediti che “venti anni prima vengono considerati, nella migliore delle ipotesi, deteriorati ammontano a circa 700 milioni di euro”. E proprio su questo “tesoretto” i vecchi azionisti possono concentrare le loro pretese.
E con maggiore precisione dei dettagli, la vicenda viene analizzata da Adriano Giannola, presidente della Svimez, economista e docente universitario.
Per essere ancora più chiaro l’economista dice che “con il decreto del 2016 il problema non è di indennizzo o risarcimento bensì di chiedere di calcolare il prezzo che spetta ai vecchi azionisti e di adempire responsabilmente a quell’impegno contrattuale a termine fissato nella legge 588 del 1996”. Spetta adesso ai vecchi azionisti farsi avanti e rivendicare un loro diritto. O, in alternativa, come si legge su ‘Il Denaro’, confidare in un intervento delle istituzioni.
Articolo pubblicato il: 25 Marzo 2018 12:48