Nuove speranze per chi soffre di beta talassemia. Grazie a una terapia genica, per ora ancora in fase sperimentale, i pazienti affetti da questa grave malattia del sangue non dovranno più sottoporsi a continue trasfusioni.
I malati di beta talassemia non dovranno più fare trasfusioni. Grazie a una nuova terapia genica e a un auto-trapianto di cellule staminali, sperimentati su 22 persone, sarà possibile eliminarne o ridurne la frequenza.
Guidato dal direttore dello studio Philippe Leboulch del Brigham and Women’s Hospital e dell’Harvard Medical School, il team di ricerca ha riferito che un unico trattamento con la terapia genica sperimentale LentiGlobin BB305 ha ridotto o eliminato la necessità di trasfusioni di sangue in 22 pazienti con grave beta talassemia. I risultati sono stati pubblicati sul ‘New England Journal of Medicine’.
In questo studio sono stati coinvolti 6 diversi centri distribuiti tra Stati Uniti, Francia, Thailandia e Australia. I ricercatori, tra cui l’italiana Marina Cavazzana Calvo, dell’università di Parigi-Descartes, hanno sperimentato la terapia su 22 malati tra i 12 e 35 anni. Di questi, 15 non hanno più avuto bisogno delle trasfusioni, mentre per gli altri la loro frequenza si è ridotta del 73%. Sono state usate le cellule staminali degli stessi malati, precedentemente trattate in laboratorio con un lentivirus, un virus ‘addomesticato’ per trasportare e sostituire il gene difettoso responsabile della malattia. Il team non riferisce problemi di sicurezza legati al trattamento.
La beta talassemia, o anemia mediterranea, è una malattia genetica che impedisce al corpo di produrre un componente chiave dell’emoglobina, proteina fondamentale dei globuli rossi del sangue e, nelle forme più gravi, già dall’infanzia, costringe a subire trasfusioni mensili di sangue e trattamenti per rimuovere il ferro che si accumula nell’organismo.
«Si tratta di un passo avanti importante nella terapia delle beta-talassemie — conferma Alessandro Aiuti, vicedirettore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica, che è impegnato da tempo sulla stessa linea di ricerca —. I risultati migliori sono stati ottenuti nei soggetti con forme meno gravi, quindi c’è ancora tanta strada da fare per l’efficacia».