Un’interessante operazione conservativa ha interessato tre importanti codici trecenteschi della Biblioteca Nazionale di Napoli che coincidono con le tipologie di manoscritti che Dante potrebbe aver letto e studiato e che sicuramente hanno concorso alla sua formazione culturale ed alla sua concezione intellettuale: l’Etica di Aristotele [ms sec. XIV (prima metà)], le lettere a Lucilio [ms sec. XIV (1310-1340)] e il Tresor di Brunetto Latini, il maestro di Dante, [ms sec. XIV (prima metà)]in copia dall’originale in francese.
Si tratta di testi fondamentali per la comprensione delle fonti dantesche, inoltre i manoscritti, coevi di Dante, rivestono anche un significativo interesse bibliografico tanto da meritare il complesso restauro. L’intervento conservativo è stato effettuato presso la biblioteca napoletana, grazie alle risorse messe a disposizione dell’Accademia Nazionale dei Lincei, che ha voluto assicurarne la presenza nella mostra in corso fino al 16 gennaio al Palazzo Corsini di Roma, sede dell’Accademia, dedicata a “La ‘Biblioteca’ di Dante”.
La mostra indaga le conoscenze culturali di Dante allorché si accinge alla composizione della Divina Commedia e presenta per la prima volta tutte le opere citate da Dante nei suoi scritti, frutto del significativo sforzo dell’ Accademia Nazionale dei Lincei, nell’ attuare una concreta sinergia con altre realtà, in particolare con le biblioteche italiane.
“Mi preme sottolineare – commenta Salvatore Buonomo, direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli – il pregevole restauro conservativo di tre nostri manoscritti membranacei effettuato presso il nostro Istituto dalla restauratrice Chiara Argentino sotto la supervisione dei nostri funzionari e finanziato dall’ Accademia Dei Lincei. A fronte di risorse, non sempre adeguate alle necessità, la sinergia e la sintesi tra realtà culturali e ricerca, sono i presupposti per una buona pratica amministrativa e garantiscono un approccio strategico indispensabile per trovare strade innovative nella gestione del patrimonio culturale e artistico. Attivare collaborazioni, come in questo caso con l’ Accademia Dei Lincei, sviluppando nuovi strumenti di condivisione e percorsi comuni, è di supporto per salvaguardare la funzione sociale della cultura, rafforzando l’attività delle biblioteche, quale strumenti di conoscenza e di saperi”. La mostra “La ‘Biblioteca’ di Dante”, a cura di Roberto Antonelli, Ebe Antetomaso, Marco Guardo, Lorenzo Mainini, ospita oltre 70 codici, provenienti dalle maggiori collezioni italiane e internazionali, tra questi i tre codici napoletani, che il pubblico perfettamente restaurati potrà ammirare nel loro ritrovato splendore visitando la mostra [dal lunedì alla domenica ore 10-19 chiusa il martedì].
I tre codici provenienti dalla Biblioteca Nazionale di Napoli sono di indubbio interesse storico e filologico e circolavano in Italia ai tempi di Dante. Due dei manoscritti esposti provengono dal fondo Farnese, fondativo della Biblioteca Nazionale di Napoli, una collezione straordinaria messa insieme a metà 500 dal bibliofilo Fulvio Orsini per Alessandro Farnese, divenuto papa Paolo III, ricchissima di classici latini e greci.
Si tratta dell’Etica di Aristotele [Ms.VIII.G.25], un’opera fondamentale per comprendere la concezione filosofica e morale di Dante. Il manoscritto, è da ritenersi un classico specimen di codice di studio, riccamente postillato da studiosi letterati e riporta la traduzione in latino, effettuata direttamente dal greco, da Roberto Gossatesta, vescovo di Lincoln, tra il 1240 e il 1249. ll codice potrebbe essere stato in origine di proprietà di Fra Mariano da Firenze (1477-1523), dotto frate francescano, il convento richiamato potrebbe essere quindi Santa Maria degli Angeli di Firenze.
Il terzo manoscritto napoletano Ms. XIV. A. 37 contiene Le lettere a Lucilio di Lucio Anneo Seneca. Si tratta di un volgarizzamento in toscano ricco ed elegante dell’opera morale di Seneca, databile tra il 1320-1340 , e si rifà alla prima traduzione in una lingua moderna dal latino francese di qualche anno prima (1308 e il 1310) delle lettere di Seneca al suo discepolo. Il codice riveste particolare interesse perché presenta una miniatura attribuita da studi recenti alla bottega di Pacino di Bonaguida, importante pittore e miniatore italiano, di scuola giottesca , operante in Firenze a partire dal primo decennio del secolo XIV.
Articolo pubblicato il: 5 Novembre 2021 16:46