Definito impropriamente un “gioco”, il blackout game consiste in una prova in cui chi partecipa deve rimanere il più possibile senza respirare. Nato nella metà degli anni ’90, ancora oggi è attuale, essendo una delle possibili cause della morte del 14enne milanese morto nei giorni scorsi. Gli inquirenti però non ne sono ancora certi. Oltre che blackout game, che potremmo tradurre come “gioco dello svenimento”, esso viene chiamato anche choking game, black hole, flatline game, gasp game e in decine di altri modi.
In Italia non siamo a conoscenza di questa pratica e dei suoi effetti catastrofici, ma in Inghilterra e in America il “gioco” si è fatto conoscere da tempo. Sarebbero 82 i bambini di età compresa tra 6 e 19 anni che sono deceduti per questo motivo negli States tra il 1995 e il 2007, anno dell’ultimo rapporto del Centers for Disease Control and Prevention. Questo senza contare il numero di feriti lievi e gravi prodotti dalla diffusione di guide e tutorial apparsi in rete negli ultimi anni.
Gli adolescenti sarebbero attratti dal gioco per svariati motivi: da una parte sarebbe una prova di coraggio, dall’altra la mancanza di ossigeno porta a “visioni mistiche”, che altro non sono che le funzioni del cervello rallentate e distorte dalla mancanza di ossigeno. Un modo come un altro di sballarsi insomma.
Non solo il blackout game, negli ultimi anni infatti abbiamo assistito anche al propagarsi di altri fenomeni simili. Il Knockout game, che consiste nello stendere con un pugno persone a caso per strada, e il Blue whale, un percorso a tappe che porterebbe al suicidio. Anche se non confermati da dati attendibili queste pratiche sarebbero attratti da queste pratiche per la loro continua sfida ai limiti e al bisogno di esperienze nuove e forti.
Articolo pubblicato il: 15 Settembre 2018 12:00