Con l’annuncio di Carlo Ancelotti come prossimo allenatore del Calcio Napoli, termina l’avventura di Maurizio Sarri sulla panchina azzurra. Anche se sarebbe riduttivo racchiudere questi tre anni solo sul campo.
Maurizio Sarri lascia e lo fa, senza dubbio nel modo peggiore. Chissa’, forse cosi’, come accaduto prima di lui per Diego Armando Maradona, almeno si avra’ la concreta certezza della realta’ di cio’ che e’ stato vissuto in questi ultimi tre anni. E forse solo i 7 del Pibe de Oro, nella quasi centenaria storia partenopea sono stati piu’ intensi. Non per la durata, quanto per la presenza di una figura carismatica come poche altre. Il tecnico bagnolese di nascita, tornato all’ombra del Vesuvio in un’estate che sembrava come le altre, quella del 2015, ma che sara’ per sempre segnata in rosso sul calendario della storia del Calcio Napoli.
Arrivato dopo una serie di sondaggi fatti con tecnici quali Klopp, Emery, Mihajlovic, Montella, alla ricerca di qualcuno che potesse raccogliere l’eredita’ di Rafa Benitez, non ha trovato subito la fiducia incondizionata dell’ambiente. Di quel popolo che nutriva piu’ di un dubbio sul carisma e le capacita’ di questo ex bancario prestato al calcio. O almeno cosi’ sembrava. Ma e’ bastato poco per conoscerci, sfiorarsi, capirsi e ritrovarsi uniti per sempre. Anche oggi che e’ andato via.
E pensare che quelle prime tre gare senza vittoria, nella stagione 2015-16, sembravano l’inizio di un oblio in cui essere precipitati dopo l’era Benitez, in cui, comunque, erano stati alzati due trofei (una Supercoppa Italiana e una coppa Italia). Anzi, sarebbe piu’ corretto dire due gare e mezzo. Si’ perche’ tutto e’ cambiato tra il primo e il secondo tempo di Empoli. Quando l’ingresso di Mertens mise in soffitta il 4-3-1-2, gettando le basi per il 4-3-3. Forse frutto del caso, di una intuizione, piu’ che di una concreta volonta’, ma il Calcio Napoli di Maurizio Sarri nasce da li’.
Si esalta nel doppio 5-0, al Club Brugge in Europa League, e alla Lazio in campionato. Per una cavalcata che portera’ gli azzurri a essere campioni d’inverno, sognando una gloria spezzata solo dal gol di Zaza a tempo scaduto allo Juventus Stadium. Nonostante il record dei record di Gonzalo Higuain, che si specchia nel gioco del suo allenatore. Lo stesso che trovera’ conferma e piu’ forza nella stagione 2018-19. Quella della separazione traumatica dall’argentino ‘core ‘ngrato’. Volato verso l’odiata rivale di sempre. Sostituito prima dallo sfortunato Milik e poi dall’intuizione Dries Mertens centravanti. Altro regalo che il Comandante, cosi’ come verra’ ribattezzato, fa alla citta’.
Ma se il primo anno e’ stato quello della sorpresa, il secondo della consacrazione, il terzo e’ magia pura. Il terzo e’ quello del patto scudetto. Quello dei 91 punti finali, dei record stracciati, anche se alla fine non bastera’. Del secondo titolo di campione d’inverno, della vittoria a Torino, con il gol di Koulibaly che restera’ per sempre nella storia del Calcio Napoli. Di Inter-Juventus e di uno scudetto perso forse ancor prima di scendere in campo a Firenze. Del Palazzo sfiorato, visto, toccato, ma, purtroppo per lui, mai conquistato.
Da un allenatore che e’ stato piu’ di questo. Che e’ stato, appunto, un comandante. Che ha inventato il Sarrismo. Che ha regalato notti magiche anche in Europa. Come quella contro il Real Madrid, per un tempo annichilito e messo all’angolo dal gioco meraviglioso del Calcio Napoli. Certificato anche dai complimenti di Guardiola. Fino alla sera del 23 maggio. Quella in cui il sogno si e’ infranto. Quella in cui e’ finito tutto. E senza dubbio nel modo peggiore, per un lungo addio che e’ durato troppo poco. Ma, d’altronde, era la stessa sensazione che si provava ogni volta che si vedeva giocare il Napoli del Comandante Sarri.