Le ultime conclusioni della Procura colombiana contraddicono la versione dei parenti dell’ex giocatore del Calcio Napoli, Freddy Rincon, morto a 55 anni in un incidente stradale.
Freddy Rincon era alla guida della vettura con cui, lo scorso 11 aprile, ha trovato la morte a soli 55 anni scontrandosi con un autobus pubblico nella città di Calì, nei pressi dello stadio Pascal Guerrero. Ad affermarlo, è il procuratore generale Francisco Barbosa in un video pubblicato su Twitter. Una conclusione, questa, che contraddice quella dei parenti dello sfortunato centrocampista colombiano, ex Calcio Napoli e Real Madrid, ma che si basa su “competenze mediche-legali e studi tecnici ed è stata corroborata dai testimoni all’interno del veicolo e dalle telecamere”, ha aggiunto Barbosa.
Nelle prime ore dello scorso 11 aprile, l’auto è stata colpita da un autobus pubblico in un grave incidente che ha provocato cinque feriti: Rincon, il più grave, è stato subito trasportato presso la Clinica Imbanaco e sottoposto a un intervento chirurgico prima del decesso per un grave trauma cerebrale nel reparto di terapia intensiva.
I dubbi su chi fosse alla guida della vettura erano stati generati da uno dei figli di Rincon, Sebastian, che aveva negato il coinvolgimento diretto del padre nell’incidente. Una versione respinta ufficialmente dalla procura generale, per cui ci sarebbero pochi dubbi su dinamica e responsabilità. Rincon è stato uno dei centrocampisti della storia della nazionale colombiana (84 presenze) e, con la maglia dei ‘Cafeteros’, ha disputato tre Mondiali di seguito (1990, 1994 e 1998). E’ stato anche il capitano del Corinthians che ha vinto il suo primo Mondiale per Club nel 2000.
Con la casacca del Napoli, nella stagione 1994-1995, Rincon ha collezionato 28 presenze, segnando 7 gol. Appesi gli scarpini al chiodo, ha allenato Iraty, Sao Bento e Sao José. Nel recente passato, Rincon ha avuto anche problemi con la giustizia: nel 2015 venne ricercato dall’Interpol, indagato per riciclaggio di denaro sporco a Panama e per aver acquistato a suo nome, ma con i soldi del boss del narcotraffico Pablo Rayo Montano, diverse proprietà.