L’ormai ex portiere del Calcio Napoli, Pepe Reina, ha rilasciato un’intervista in esclusiva ai microfoni del Corriere dello Sport. Raccontandosi e raccontando questi anni partenopei. Ma senza dubbio non è un addio.
Non chiamatelo addio, semmai arrivederci. Le parole con cui Pepe Reina, attraverso un’intervista in esclusiva rilasciata al ‘Corriere dello Sport’, sono un racconto veloce sulle ali del tempo di questi anni vissuti in maglia azzurra. Unici e impressi nel cuore di uno spagnolo dal sangue napoletano. Il cui legame con il Calcio Napoli è indissolubile.
Reina, faccia lei la sintesi di questi quattro anni napoletani…
«Sono stati meravigliosi dal punto di vista sportivo e umano. Ho conosciuto gente incantevole e siamo stati capaci, come squadra, di andare vicino a un sogno. Lo avremmo voluto vivere assieme, perché s’è creato un sentimento, tra noi e il pubblico, che avrebbe meritato la più indimenticabile delle conclusioni».
Invece quello scudetto lo avete perso a Firenze…
«Ma sarebbe più giusto dire che la Juventus lo ha vinto la sera prima a Milano. Sono stati più bravi di noi, non solo in campo. Rappresentano una società potente. Forse in Italia soltanto il Milan e l’Inter hanno questa forza».
Ripensandoci, vi è mancato qualcosa?
«Il destino, in quel week-end, ha deciso per noi. A volte mi viene da pensare e mi dico: magari non eravamo abituati a vincere, dunque è venuta meno quella abitudine di prenderci partite sporche. Poi rifletto e mi accorgo che o nove o dieci volte siamo andati in svantaggio e le abbiamo ribaltate. Non c’è una ragione, né me la sono fatta. Ma sono orgoglioso».
L’uomo che ha sedotto il San Paolo, la personalità più netta nel dopo-Maradona, cosa lascia e cosa porta con sé?
«Il ricordo di un quadriennio in cui io e la mia famiglia ci siamo innamorati della città, delle sue bellezze, della generosità della sua gente. Io sono vero, non faccio scene, non so fingere: mi hanno toccato al cuore, da subito. E Napoli non si libererà di me facilmente….».
Già quando era a Monaco tornava spesso.
«E qua sto più vicino, mi sarà più facile. Mi vedrete in giro».
Scelga il giorno più bello, se ce n’è uno.
«Tutte le mattine che mi svegliavo con l’odore del caffè. E poi: la bolgia del San Paolo; la prima in Champions contro il Borussia Dortmund; la semifinale di Coppa Italia con la Roma, quando c’era anche Diego in tribuna; e la finale all’Olimpico contro la Fiorentina».
Era inevitabile staccarsi, però.
«Posso capire un club che, con un portiere di 36 anni in scadenza di contratto, faccia la scelta di rinnovare. E’ una filosofia aziendale che va rispettata. Poi è anche vero che i miei rapporti con la proprietà non erano più idilliaci, ma diventa un aspetto secondario».
Le facciano un nome, il primo: Rafa Benitez.
«Il mio mentore, quello che è riuscito a trascinarmi, a Liverpool, su standard di rendimento elevatissimi, ma pure il tecnico che mi ha dato la possibilità di conoscere Napoli. Altrimenti, non sarebbe probabilmente mai accaduto».
Il secondo, ovviamente, è Maurizio Sarri.
«Con lui siamo andati oltre il calcio: ci ha messo la faccia per me e gli dovrò gratitudine. E’ stato paterno negli atteggiamenti, gli voglio bene e gli auguro tutte le fortune che merita un uomo del genere».
Il Milan per chiudere la carriera.
«Ho avvertito stima e penso che prepararsi al congedo in uno dei club più titolati al Mondo sia una gratificazione assoluta per me. Il passato è lì che parla e io posso e devo solo contribuire a fare in modo che si tornino a vivere certe notti europee».
La situazione societaria, alla luce delle vicende con l’Uefa, rischia d’essere allarmante.
«Non mi preoccupa assolutamente, sono tranquillissimo. Sapranno come a rontare questa situazione».
Farà da «babbo» a Donnarumma o lo costringerà ad osservarla dalla panchina per imparare?
«Stiamo parlando del futuro portiere della Nazionale italiana per i prossimi quindici anni, atteso da una carriera straordinaria. Un ragazzo serio, esemplare, con il quale instaurerò un rapporto speciale. Io ho stima di lui, semmai sarò io a rubargli qualcosa. Intanto provvederà a farmi sentire più giovane: vi sembra poco?».
E quando uscirà il calendario, non è retorico dirlo, penserà soprattutto ad una sfida.
«Quella della partita di Napoli sarà la data che aspetteremo con ansia io e tutti i miei familiari. Non so come la vivrò, so che mi emozionerò, come domenica scorsa, come ogni volta che ho messo piede in quello stadio. Non smetterò di dire grazie».
Napoli è stata definita «tentatrice» e certe sue amicizie sono finite al vaglio di inquirenti e di Federcalcio.
«Penso di essere trasparente e di poter essere definito assolutamente limpido. Ci sono
vicende che non appartengono al mio vissuto. Ho letto e sentito troppe sciocchezze. Io mi sono spontaneamente presentato alla magistratura ordinaria proprio per ribadire la mia assoluta estraneità a tutto ciò che è stato raccontato e che con il calcio e la mia persona nulla hanno a che vedere. Il mio amico Manolo Iengo, l’avvocato che mi segue e mi tutela nel procedimento sportivo, avrà modo di dimostrare chi sia Pepe Reina, ammesso che non si sia capito».
Fonte: Corriere dello Sport