Cronaca di Napoli: Carabinieri e DDA hanno ricostruito la rete di favoreggiatori che agevolò il boss Antonio Orlando (detto “Mazzolino”) nei suoi 15 anni di latitanza.
I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna, a Marano di Napoli, Voghera, Tolmezzo e L’Aquila, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura partenopea, nei confronti di 6 indagati, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso e favoreggiamento personale, aggravati dalle finalità mafiose, oltre che, per uno di loro, inosservanza delle prescrizioni imposte dalla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno. Tra i destinatari della misura detentiva figura Antonio Orlando, detto “Mazzolino”, capo dell’omonimo clan operante su Marano di Napoli e Comuni limitrofi, attualmente detenuto e ritenuto responsabile dei reati di falsa attestazione o dichiarazione a un P.U. sulla identità o su qualità personali proprie o di altri e possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, aggravati dalle finalità mafiose, arrestato dallo stesso Nucleo il 27 novembre 2018, dopo 15 anni di latitanza.
L’indagine, condotta dal Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna e coordinata dal P.M. della D.D.A. di Napoli, Maria Di Mauro, e dal Procuratore Aggiunto della D.D.A. partenopea, Giuseppe Borrelli, ha consentito di individuare la rete dei soggetti che hanno favorito la latitanza del boss e disvelare, al contempo, l’assetto organizzativo del clan Orlando.
Gli investigatori hanno accertato come gli indagati avessero fornito assistenza all’allora latitante, locando un immobile a Mugnano di Napoli, occupandosi di tutte le relative incombenze, evitando così di far esporre direttamente l’Orlando, mettendogli a disposizione, inoltre, veicoli a lui non riconducibili per favorirne gli spostamenti. Si è documentato inoltre come uno degli indagati avesse consegnato ad Antonio Orlando i propri documenti (tra i quali carta di identità e patente di guida) sui quali era stata apposta la fotografia del latitante affinché questi potesse girare liberamente e condurre veicoli. Inoltre, altri indagati hanno stipulato per conto di Orlando contratti per la fornitura del gas, dell’energia elettrica e addirittura per la sottoscrizione di un contratto Sky.
Tra gli arrestati figurano anche l’apicale Luigi Esposito, alias “Gigino e Celeste” che, appena scarcerato nell’estate 2017 dopo anni di detenzione, si è rimesso al vertice del clan e Sabatino Russo, già vicino ai clan giuglianesi, entrambi già arrestati circa due mesi fa perché ritenuti responsabili di estorsione aggravata dai metodi e dalle finalità mafiose.
A questi ultimi è stato contestato il reato di associazione di tipo mafioso: Esposito con il ruolo di promotore e dirigente del sodalizio avendo coordinando le varie illecite attività sul territorio, Russo quale organizzatore, avendo avuto inoltre il compito di gestire la latitanza di Antonio Orlando, curandone la logistica e provvedendo ad ogni sua esigenza, dai viveri alle cure mediche, recandosi presso il covo del latitante anche per ricevere disposizioni da riportare ai vertici del clan.