Cancro al seno, scoperti i geni predittivi del rischio di metastasi a distanza. La ricerca è stata sostenuta dall’Airc ed è frutto del lavoro dell’Istituto Europeo di Oncologia e dell’Università di Milano.
È italiana la scoperta che permetterà di personalizzare le terapie per il tumore al seno. Grazie a un gruppo di ricerca dell’Istituto Europeo di Oncologia e dell’Università di Milano sono stati identificati quei geni che permettono di predire il rischio individuale di metastasi. I risultati sono stati pubblicati oggi su EBiomedicine del Gruppo Lancet.
La scoperta
Grazie al lavoro dei ricercatori, guidati dal Pier Paolo Di Fiore e da Salvatore Pece, è stato scoperto un nuovo set di geni (la cosiddetta “firma molecolare”) molto espressi in alcuni tumori mammari e in grado di predire il rischio di metastasi a distanza.
L’individuazione di questi geni permetterà di eseguire trattamenti personalizzati, adeguando le terapie mediche e chirurgiche in base al rischio effettivo della singola paziente di sviluppare metastasi nel tempo.
Al momento si stanno conducendo studi di validazione dell’efficacia clinica della firma molecolare utilizzando coorti di pazienti arruolate in studi clinici internazionali. Un passaggio indispensabile, spiegano i ricercatori, per l’introduzione di questa metodica nella pratica clinica nei prossimi anni.
Di cosa si tratta
La nuova firma, composta da 20 geni, misura il grado di ‘staminalità’ presente nel tumore primario, che dipende sia dal numero sia dall’aggressività biologica delle cellule staminali del cancro, cioè di quelle cellule madri che sono all’origine dell’insorgenza della malattia tumorale e che si ritiene siano anche responsabili della formazione di metastasi nel tempo, resistendo ai comuni trattamenti chemioterapici e ormonali.
A spiegarlo è Di Fiore, direttore del programma di nuovi studi diagnostici dell’Istituto Europeo di Oncologia, dove la ricerca è stata svolta, e professore di Patologia generale all’Università degli Studi di Milano.
Grazie a questa firma molecolare sarà possibile stimare il rischio metastatico, con un metodo molto più affidabile dei parametri clinico-patologici che oggi comunemente si utilizzano nella pratica clinica per determinare la gravità della malattia, prevederne la prognosi, e di conseguenza scegliere il percorso terapeutico più adeguato per ogni singola paziente affetta da tumore mammario.
“Abbiamo analizzato più di 2.000 pazienti con tumore del seno seguite per circa 15 anni nel loro decorso clinico all’IEO – continua Paolo Veronesi, direttore del programma di Senologia dell’Istituto Europeo di Oncologia e Professore di Chirurgia Generale all’Università degli Studi di Milano. “Abbiamo dimostrato che la nostra firma di staminalità è in grado di identificare pazienti con basso profilo staminale associato a un minor rischio di sviluppo di recidiva metastatica, rispetto a pazienti con un rischio significativamente più elevato, a causa dell’alta espressione di geni di staminalità.
Ora stiamo programmando studi clinici per dimostrare che le pazienti a basso rischio di recidiva possono essere trattate con approcci terapeutici più conservativi e meno aggressivi, con l’obiettivo di una terapia personalizzata basata sul grado di staminalità misurata con la nostra firma molecolare”.