ULTRAS: E’ arrivato sui nostri schermi il 20 marzo, in questo periodo particolare per il cinema mondiale, grazie alla piattaforma streaming Netflix.
di Federica Migliaccio – L’esordio al lungometraggio di Francesco Lettieri, già famoso per i videoclip realizzati per Calcutta e Liberato, autore della colonna sonora del film, è arrivato sui nostri schermi il 20 marzo, in questo periodo particolare per il cinema mondiale, grazie alla piattaforma streaming Netflix.
Il regista, forte dell’immaginario creato all’interno dei video musicali del “cantante mascherato”, riesce a portare la sua estetica “neo-urbana” anche in questo progetto, dove, prendendo spunto da eventi realmente accaduti, non porta lo spettatore alla scoperta del mondo degli Ultras, come ci si aspetterebbe dal titolo, ma cerca di scavare più a fondo. A Lettieri poco interessa il mondo del calcio e delle tifoserie, ma vuole raccontare una storia strettamente umana, o almeno è ciò che tenta di fare.
Aniello Arena, conosciuto per la sua performance in Reality (Garrone, 2012), interpreta Sandro, ex capo ultras napoletano ormai invecchiato, che si rende lentamente conto di aver rinunciato a tutto per la sua grande passione: il calcio. Nel silenzio di una vita solitaria fatta di pochi affetti, la voglia di cambiamento diviene assordante.
Sandro si muove su una linea sottilissima: da un lato la fedeltà al gruppo, alla tribù, ai suoi Apache, dall’altra il bisogno di riscatto di un uomo dalla vita miserabile, fatta di violenza e di scontri per sfogare ansie e frustrazioni della quotidianità.
Ormai stanco sente la necessità di una vita normale, di ricostruire se stesso, ma il cambiamento non è semplice: i lunghi piano-sequenza dal singolo alla massa descrivono la verace necessità di appartenere a un branco e l’impossibilità di allontanarsi da esso, trasformando la vicenda del “Grande Capo” in un racconto corale, dove però il regista non riesce a pieno a restituire l’interiorità dei suoi personaggi.
In numerose interviste, infatti, viene rimarcata la volontà di voler dar voce a vicende visceralmente legate al quotidiano e alla vita delle classi popolari, utilizzando gli ultras e il loro mondo esclusivamente come contesto, ma in tal modo, l’effetto ottenuto è stato solo la marginalizzazione di una subcultura e dei personaggi che la costellano.
La tematica sociale, fondamentale per lo sviluppo del nostro a tratti shakespeariano eroe ed essenziale per il suo percorso di redenzione, diventa la banale storia di personaggi stereotipati, descritti superficialmente, che alla mente dello spettatore richiamano storie e immaginari già ampiamente raccontati dalla Gomorra di Sollima (2014 – in produzione) o da La Paranza dei Bambini di Giovannesi (2019), solo per citarne alcuni, pur essendo, quello degli ultras un mondo che ha ben poco a che fare con la criminalità.
Nemmeno l’ottima e pulita fotografia di Gianluca Palma è riuscita a dare una dimensione più ampia a codici e linguaggi di questo minoritario gruppo culturale, fermandosi nella descrizione di una cultura partenopea pre e post 2000 ricca di simbologie antiche, ma che purtroppo, sono svuotate del loro senso profondo, esteticamente molto belle, perfette sì per un videoclip, ma ancora lontane da un prodotto pensato per il grande schermo.