Caratterizzato da una scrittura piacevole e molto scorrevole e da un’abile stile narrativo, il primo romanzo di Marinella Sorrentino, Clementina – Una donna del Novecento a Napoli è stato ispirato da una storia vera: un drammatico e coinvolgente racconto che si dipana dagli anni ’30 agli anni ’60 del Novecento, scritto dalla parte di una donna e per una donna, le cui vicissitudini la trasformano nell’emblema di una società maschilista, prevaricatrice e intollerante.
Clementina è il simbolo di questo complicato e difficile percorso che parte dallo stesso padre – il padre l’aveva fatta maritare troppo giovane – e da “brava” e ubbidiente figlia, aveva subito accettato di sposare Ciccio, dando alla luce ben sei figli, più uno in arrivo, e consolidando quel rapporto di coppia che sembrava quello giusto e duraturo.
Viveva solo per i suoi figli che crescevano sani e protetti da un apparente unione familiare. Una vergognosa calunnia metterà fine a tutto questo e la povera Clementina sarà costretta a dover riorganizzare tutta la sua vita, andando a vivere con la persona che, riamata, lei amerà più di ogni altra cosa.
A tal proposito mi sembra importante sottolineare un passo del libro – Fu una rivelazione per Clementina scoprire che una donna poteva godere ed essere parte attiva nel rapporto e non solo un oggetto per la mera soddisfazione dell’uomo – che sottolinea sintomaticamente la vera “funzione” della donna nel Novecento, e non solo: una “macchina” per fare figli, accudirli e farli crescere nel migliore dei modi.
Pertanto il libro della Sorrentino è anche una lucida e spietata denuncia nei confronti di una società bigotta dove gli stessi componenti della sua famiglia, dalla sorella al cognato, calpestano e umiliano l’innocente comportamento di una donna, le cui “leggi” ancora più bigotte e retrogradi, non tutelano minimamente la povera Clementina.
In questo appassionante racconto, emergono inoltre problemi che oggi probabilmente ci farebbero solo sorridere, come il divorzio, che venne introdotto in Italia solo il 1° dicembre 1970: pertanto Clementina fu, per la legge dell’epoca, sempre la legittima moglie di Ciccio e pertanto una sgualdrina (come la definisce lo stesso cognato) in compagnia di Antonio.
Un altro problema che viene sollevato in questo libro è quello relativo ai figli illegittimi, indicati spesso dall’acronimo N.N. “Non Nominato”, che Clementina partorisce per ben quattro volte con il suo “amante proibito” Antonio, e che si ritroveranno, poi, con ben quattro cognomi diversi, pur conoscendo l’identità certa dei genitori: una legge che non tutelava certo né le donne, né i minori, causando il tardivo riconoscimento dei diritti e delle pari opportunità di questi soggetti di fronte alla legge.
Molto interessante, inoltre, anche la parte storica che questo libro affronta, con la nostra protagonista che vive con coraggio e dignità, le fasi più cupe e drammatiche del secondo conflitto mondiale: dall’entrata in guerra dell’Italia al fianco della Germania, il 10 giugno 1940, al primo bombardamento in pieno giorno su Napoli del 4 dicembre 1942, fino all’8 settembre 1943, quando fu reso pubblico l’Armistizio, firmato però sei giorni prima in gran segreto, il 3 settembre. Viene anche citata l’ultima eruzione del Vesuvio, che durò dal 18 al 24 marzo 1944.
Le umiliazioni, le sofferenze, il disonore, l’emarginazione, la povertà e il dolore patite da Clementina per tutta la sua lunga e infelice vita, anche se accompagnata sempre dal pensiero dei suoi 11 figli, sono state sempre affrontate con carattere e determinazione, due importanti caratteristiche che probabilmente solo le donne riescono ad avere e a gestire così bene, nonostante le vergognose sottomissioni subite che hanno sempre combattuto con orgoglio e fermezza.
Tuttavia, non credo che oggi il marito di Clementina, Ciccio, si sarebbe limitato a chiederle il perdono, un atto oggi che purtroppo ci appare impossibile, perché probabilmente l’avrebbe assassinata, consumando l’ennesimo femminicidio, ma di questo il libro non fa accenno, perché all’epoca dei fatti, c’era ancora un “codice d’onore” che si limitava alla rassegnazione.
La figura di Clementina è l’immagine di una donna dalla quale tutti dovremmo trarre esempio, per la forza e la caparbietà che ha avuto mettendosi contro tutti, in primis la famiglia che l’aveva subito giudicata, allontanata e umiliata, e per il coraggio che l’ha sempre sostenuta, nei momenti di grande difficoltà, una donna come tante vessate dai pregiudizi e da quel senso di orgogliosa appartenenza al genere femminile così ben descritto e delineato dall’autrice, della quale voglio riportare in calce il suo significativo commento finale: Spero così che possa servire a far comprendere, non solo ai miei figli, ma ad una generazione intera, gli enormi passi avanti fatti, e soprattutto quanti ancora ne occorrono per abbattere le discriminazioni che tutt’oggi esistono, avendo nel contempo cura, rispetto e consapevolezza dei diritti acquisiti dai nostri nonni con sacrificio, coraggio e perseveranza.
Articolo pubblicato il: 7 Novembre 2023 16:10