martedì, Dicembre 24, 2024

Covid, lo studio italiano: i raggi solari distruggono il virus in pochi secondi

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Francesco Monaco
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Francesco Monaco, giornalista. Esperienza dalla carta stampata a internet, radio e tv. Scrittore, il suo primo romanzo: 'Baciami prima di andare'.

Secondo la ricerca, i raggi che arrivano sulla terra, ci abbronzano e ci riscaldano, nel giro di poche decine di secondi uccidono completamente il Covid.

“Abbiamo dimostrato che raggi Uva e Uvb del sole nel giro di poche decine di secondi uccidono completamente il Sars-Cov-2”. Lo afferma Mario Clerici, docente di Patologia generale all’Università Statale di Milano e direttore scientifico dell’Irccs di Milano Fondazione Don Gnocchi, autore, insieme al gruppo di ricerca dell’Istituto nazionale di astrofisica, di uno studio tutto italiano pubblicato in preprint.

“Questo studio – spiega Clerici  – è essenzialmente il seguito di un precedente lavoro che avevamo fatto l’anno scorso quando avevamo visto che i raggi Uvc che sono una componente dei raggi solari che però non arriva sulla terra, uccidevano il Sars-Cov-2 dopo un’esposizione di pochi secondi. Però gli Uvc – ribadisce Clerici – non arrivano sulla terra, quindi quei dati erano importanti solo da un certo punto di vista. Adesso, abbiamo visto che anche gli Uva e Uvb che sono i raggi che arrivano sulla terra, ci abbronzano e ci riscaldano, nel giro di poche decine di secondi uccidono completamente il Sars-Cov-2. Dunque – sottolinea – abbiamo esattamente replicato i dati sugli Uvc però dimostrando questa volta che tutti i raggi solari distruggono il virus. E fra l’altro – aggiunge l’immunologo – il tempo necessario, quando per esempio si è in spiaggia con il sole che viene amplificato dal riverbero sulla sabbia o sull’acqua, è ancora più breve. Quindi in spiaggia – afferma Clerici – bastano veramente 10-20 secondi di Uva e Uvb per uccidere completamente il virus”.

“La nostra idea – spiega il ricercatore – è che questo, insieme alla percentuale sempre più alta di vaccinati, spieghi perché con la bella stagione stiamo superando la problematica”. Ma allora perché in Brasile durante l’estate, così come in India si sono verificati una valanga di contagi? “Innanzi tutto c’è da dire che il sole – sottolinea Clerici – non è il solo elemento che giustifichi tutto quello che osserviamo. In India hanno contribuito le feste religiose con i bagni nel Gange e poi c’erano i monsoni, quindi c’era tutta la velatura dei raggi solari dovuta alle nuvole. In Brasile sappiamo tutti quello che è successo – aggiunge l’immunologo – purtroppo hanno pagato la gestione Bolsonaro, perché è vero che servono i raggi solari però servono anche le mascherine, i vaccini e tutto il resto”.

Ad ogni modo gli esperimenti hanno confermato l’efficacia del sole contro il Covid-19. “Si vede proprio in una visualizzazione – dice l’immunologo – l’effetto dei raggi solari sul virus: se non lo esponi ai raggi solari il virus infetta le cellule, se lo esponi ai raggi solari lo uccidi”.

Una scoperta che potrebbe avere eccellenti applicazioni nella vita di tutti i giorni per sterilizzare oggetti e ambienti dal virus. “I dati dell’anno scorso erano importanti perché hanno portato allo sviluppo di dispositivi che svolgevano proprio questa funzione ma i raggi Uvc – ricorda lo scienziato – sono pericolosi per la cute umana, quindi non si poteva stare nella stessa stanza dove venivano applicati. I raggi Uvb invece no, sono i raggi che ci toccano normalmente quando usciamo al sole, per cui questa scoperta ha un’importanza molto più alta”. Insomma se mettessimo delle normali lampade solari negli autobus potremmo risolvere un problema? “Sì. A parte il fatto che ne usciremo tutti più abbronzati e più belli, quello che suggeriscono questi dati è proprio questo”.

Ma vediamo come si è arrivati alla dimostrazione sperimentale di questa scoperta. “Gli astrofisici hanno collegato una macchinetta che produce i diversi raggi solari in maniera distinta, quindi solo gli Uva o gli Uvb o gli Uvc piuttosto che gli ultravioletti – spiega Clerici – poi abbiamo messo la macchinetta sotto una cappa, abbiamo preso le cellule polmonari e abbiamo buttato sopra il virus. E il virus che è stato esposto oppure no alle diverse componenti dei raggi solari. Dapprima – chiarisce l’immunologo – abbiamo usato una dose massimale di virus, quindi molto molto più alta di quella che si ha in un soggetto con Covid. E poi abbiamo usato la dose presente in un paziente con Covid severo, per vedere se poteva avere anche una potenziale importanza clinica. Ed effettivamente è così: si inattiva nel giro di pochi secondi la quantità di virus che è quella che nei pazienti provoca il Covid severo”.

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