Il progetto di Cerbone, imprenditore e cineasta originario di Secondigliano, torna a parlare di detenzione e prevenzione con il suo film “Nati pre-giudicati”.
“Quando hai commesso il primo reato, non hai avuto paura del carcere o di morire?”. “No, né la prigione né la morte sono peggio della vita che facevo prima”. Domanda e risposta sono tra quelle emerse durante il laboratorio “Nati – pregiudicati” che il regista Stefano Cerbone ha svolto nell’istituto penale per i minorenni di Nisida.
Risposte, quelle dei giovani detenuti, che sono lo specchio del disagio giovanile che spesso si trasforma in devianza e sfocia purtroppo in tragedie, come quella che ha portato all’uccisione del 15enne Emanuele Tafuto, colpito a morte da un proiettile alla schiena nella zona di piazza Mercato.
Parte da qui il progetto di Cerbone, imprenditore e cineasta originario di Secondigliano, che torna a parlare di detenzione e prevenzione con il suo film “Nati pre-giudicati”. Dopo l’anteprima nazionale alla casa circondariale “Pasquale Mandato” di Secondigliano, il film sarà proiettato il 7 novembre, alle 14.30, a Nisida e il 18 novembre, alle 10, alla casa circondariale “Giuseppe Salvia” di Poggioreale, dove al termine seguirà un dibattito sul tema della violenza giovanile e degli strumenti preventivi con rappresentanti delle istituzioni, delle forze dell’ordine e della magistratura. La pellicola, la cui sceneggiatura è stata scritta da Cerbone insieme ai reclusi del reparto Alta sicurezza di Secondigliano, spinge i detenuti a interrogarsi sulla loro genitorialità e sul rapporto con i figli che, in molti casi, percorrono la stessa strada criminale.
«Quando ho incontrato i ragazzi dell’Ipm di Nisida durante il laboratorio – spiega Cerbone – ho chiesto loro tra le diverse domande perché avessero scelto la strada del crimine. Tutti mi hanno risposto: “per le sofferenze vissute a casa e mio padre era assente, perché stava in galera”. Una percentuale così alta di “orfani della figura paterna” che delinque per reagire al senso di vuoto, di abbandono e di altri sentimenti a cui non sanno dare un nome perché non posseggono gli strumenti, ci costringe a interrogarci: se invece di giudicare riuscissimo ad ascoltare chi arriva a delinquere? Il nostro obiettivo deve essere quello di sensibilizzare la società civile e le istituzioni, affinché si possa prevenire il malessere che veicola questi ragazzi verso il primo reato – aggiunge il regista – Per questo attraverso il messaggio del film vogliamo far comprendere la sofferenza e il disagio in cui affondano tanti giovani della nostra città dal centro alle periferie che, senza rendersene conto, distruggono le loro vite». In cantiere un nuovo progetto che ha proprio questo scopo: «Si chiama “Le origini del male” e vedrà la collaborazione dei giovani detenuti che – con l’ausilio di psicologi, criminologi, docenti, scrittori e magistrati – proveranno a dare risposte ai tanti problemi dell’età adolescenziale che li spingono nel baratro».