domenica, Settembre 8, 2024

Crollo a Scampia, gli sfollati occupano l’Università

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Francesco Monaco
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Francesco Monaco, giornalista. Esperienza dalla carta stampata a internet, radio e tv. Scrittore, il suo primo romanzo: 'Baciami prima di andare'.

Dopo il crollo del ballatoio nella Vela Celeste a Scampia, in cui hanno perso la vita due persone, gli sfollati hanno occupato per protesta alcuni locali della vicina Università Federico II.

Decine di persone sfollate dopo il crollo avvenuto a Scampia, nel quale sono morti un uomo e una donna, che erano state sistemate sotto alle tende in prossimità della Vela Celeste hanno occupato per protesta alcuni locali della vicina Università Federico II. A farlo sapere sono gli animatori dello storico comitato ‘Vele di Scampia’. Lo stesso che negli anni ha interloquito con le istituzioni per risolvere il problema dei residenti dei palazzoni di Scampia.

“Chiediamo soluzioni veloci a questo momento di emergenza e decisioni strutturali per l’annoso problema dei residenti delle Vele. Non possiamo stare per strada. Tra di noi ci sono donne, bambini e invalidi. E per ora stiamo bene dove stiamo”, dice un portavoce del comitato.

“Ci sono qui a Scampia le case che hanno sequestrato alla camorra. Perché non ci ospitano in quelle abitazione?”. Grida uno degli abitanti della Vela Celeste, accampato dalla notte dell’incidente insieme a centinaia di vicini di casa sotto le tende della protezione civile. Sono 50 gli addetti della Protezione in campo per aiutare le persone sgomberate che temono di non poter tornare a dormire nelle proprie case stanotte.

“Ci devono dare una sistemazione – dice una donna – non vogliamo andare nelle scuole o in accampamenti, ci devono trovare una sistemazione vera in albergo perché non faremmo file in scuola davanti ai bagni stanotte. Ci vuole una sistemazione vera”. C’è tensione all’esterno della Vela Celeste dove è stato montato un tendone della Protezione Civile alle spalle del cancello che chiude l’accesso all’edificio, alla cui protezione ci sono ora decine di agenti di polizia e carabinieri. Situazione difficile su cui lavorano anche due psicologi della protezione civile.

“Qui c’è tanta paura e tristezza – spiega lo psicologo Ciro Mayol – perché la propria casa è rifugio e luogo di sicurezza dove ti rifugi a fine giornata. Mettere in gioco la casa ti cade la percezione di sicurezza di casa che ti costruisci giorni per giorno”.

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