Al Ridotto del Mercadante l’autrice Angela Di Maso, ha presentato la sua drammaturgia “Cuore. Sostantivo Maschile”.
Andando persino oltre la corrente filosofica del cardiocentrismo portata avanti da Aristotele, e giungendo alla corte del Teatro di Napoli, l’autrice Angela Di Maso, ha presentato la sua drammaturgia “Cuore. Sostantivo Maschile”.
E lo ha fatto al Ridotto del Mercadante, grazie a due interpreti come Daniela Giovanetti e Alvia Reale (nella foto) leste nel dialogare come se il loro cuore rappresentasse ancora l’antica sede dell’anima umana. Pronte a coinvolgere la platea con un lavoro che già dal titolo relega il primo organo ad apparire durante lo sviluppo embrionale in una canonica definizione da vocabolario della lingua italiana, le due attrici in scena non perdono certo tempo per mettere a nudo memorie e recondite intimità.
Rincorrendo una sorta di omologazione della confessione pubblica e seguendo le linee di un testo intriso di momenti autobiografici e incubi, le due protagoniste giungono persino alla frantumazione della soggettività segreta nonché all’abbattimento di quei muri innalzati per proteggere il dentro dal fuori e l’interiorità dall’esteriorità.
Facendo a pezzi il pudore inteso come sentimento atto a difendere l’individuo dall’angoscia di naufragare nell’indeterminatezza animale, Reale e Giovanetti, tra un monologo-dialogo e l’altro ballano e cantano le canzoni di Don Lurio nascondendo tra i passi di danza e le note di un’epoca che non esiste più, il dramma di chi intende esorcizzare il concetto della fine.
Con la regia della stessa Reale che inizia lo spettacolo armata di motosega, i costumi di Sandra Cardini, le scene e le luci di Francesco Calcagnini, la messinscena prodotta dal “Gruppo della Creta” puntando su quello stesso dialogo introdotto da Socrate nel V secolo a.C, prova a penetrare le tenebre di esistenze sperdute dinanzi ai misfatti della vita. Esistenze pericolosamente in bilico tra disagi e passionalità, psiche e materialità carnali poste dinanzi al bisogno di gridare in faccia alla gente le più segrete verità interiori.
Dissertando sulla vita e sulla morte fino a planare sulla grande metafora del teatro, le due attrici si levano libere e leggere sull’onda di un copione perfettamente in linea con gli apprezzati stilemi della drammaturgia firmata Di Maso.
La stessa che si mostra ben pronta ad avanzare su di un percorso diviso tra la critica sociale e il misticismo fino a (come nel caso di “Cuore”) cogliere i risvolti più nascosti del ruolo dell’artista insieme alle emozioni e le percezioni di una vita fatta soprattutto di inquietudini.
Trasformandosi in un esame di coscienza riguardante la sopravvivenza del tragico nel mondo moderno ed evidenziando la realtà del teatro eternamente alle prese con un interminabile e violento conflitto, il lavoro tra le brutture del periodo che ci vede coinvolti e non pochi occhiolini al sociale, riporta persino alla mente quelle idee tanto amate dallo svedese Strindberg e quel suo “Teatro intimo” sinonimo di revisione e rinnovamento.