Arriva in un momento difficilissimo per l’Italia la prima edizione di Dantedì, giornata voluta da Mibact e Miur in onore di Dante Alighieri. Il nostro Paese è flagellato dall’emergenza Coronavirus, ma, per fortuna, neanche il Covid 19 può abbattere la cultura, figurarsi gli immortali versi di Dante, che ora più che mai sono attuali nonostante siano passati più di 700 anni dal viaggio immaginario della Divina Commedia.
Flash mob e letture (rigorosamente social) in tutta Italia in onore di colui che, di fatto, è stato il padre della lingua italiana, il cui viaggio immaginario nel mondo ultraterreno è iniziato proprio il 25 marzo 1300.
Quella Beatrice di cui Dante parla però innanzitutto nella Vita Nuova, opera giovanile del Sommo Poeta, un prosimetro (alternanza di prosa e poesia) in cui narra in modo magistrale il primo incontro con Beatrice a 9 anni, il secondo 9 anni dopo, la lode dell’amata (sua svolta poetica) e anche la morte di Beatrice.
Nella Vita Nuova, la morte dell’amata rappresentava un fatto assolutamente inedito per l’epoca del Dolce Stil Novo. Dante ne parla in tono distaccato per non essere “laudatore di me medesimo” (del resto il suo rinnovamento consisteva nel cantar le lodi della donna amata). Uno stralcio di dolore per la morte di Beatrice è però presente in questi meravigliosi versi del 31mo capitolo:
“Li occhi dolenti per pietà del core
hanno di lagrimar sofferta pena,
sì che per vinti son remasi omai.
Ora, s’i’ voglio sfogar lo dolore,
che a poco a poco a la morte mi mena,
convenemi parlar traendo guai.
E perché me ricorda ch’io parlai
de la mia donna, mentre che vivia,
donne gentili, volentier con vui,
non voi parlare altrui,
se non a cor gentil che in donna sia;
e dicerò di lei piangendo, pui
che si n’è gita in ciel subitamente,
e ha lasciato Amor meco dolente.
Ita n’è Beatrice in alto cielo,
nel reame ove li angeli hanno pace,
e sta con loro, e voi, donne, ha lassate:
no la ci tolse qualità di gelo
né di calore, come l’altre face,
ma solo fue sua gran benignitate;
ché luce de la sua umilitate
passò li cieli con tanta vertute,
che fé maravigliar l’etterno sire,
sì che dolce disire
lo giunse di chiamar tanta salute;
e fella di qua giù a sé venire,
perché vedea ch’esta vita noiosa
non era degna di sì gentil cosa”.
Questi versi potrebbero essere una dedica ideale di colui/colei che ha perso la persona amata in questo modo così inaspettato, senza neanche vedersi un’ultima volta.
Ma la speranza, per coloro che sono rimasti in terra, è quella di rincontrarsi di nuovo in Paradiso, proprio come poi accadrà al Sommo Poeta e alla sua Beatrix (portatrice di beatitudine). W Dante!
Articolo pubblicato il: 25 Marzo 2020 18:18