Il Fisco può pignorare lo stipendio, la pensione o anche il TFR. Può farlo in caso ci sia un contribuente con debiti fiscali o cartelle esattoriali in debito che egli non vuole pagare. Nuove le regole per il pignoramento in banca, mentre invariato resta quello il pignoramento al datore di lavoro.
Il pignoramento presso un datore di lavoro non può superare un quinto dell’importo totale: su 500 euro di stipendio si può pignorare fino a 100 euro. Quindi non si può pignorare l’intero importo, ma solo una parte, per garantire un minimo di vivibilità al debitore. In più anche nelle successive mensilità, ove vi fosse il bisogno, si può prelevare massimo un quinto dell’importo. Questo è possibile solo quando un giudice incaricato disporrà in tal senso.
Discorso diverso per quanto riguarda le banche. In caso di stipendio già accreditato, dove non è possibile stabilire l’importo preciso derivi dal reddito, non cambia la procedura, quindi l’intercessione di un giudice, ma cambiano i limiti. Infatti è stato stabilito che si può prelevare solo nel caso la cifra depositata sia superiore a tre volte l’assegno sociale. La cifra corrisposta per l’assegno è di 453 euro, quindi si possono pignorare quei depositi che superano quota 1359 euro, al di sotto della quale non si può fare niente.
Articolo pubblicato il: 1 Giugno 2018 9:00