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Domenico Sepe tra performance e musica spiega il suo Cristo Rivelato

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Domenico Sepe, a Castel dell’Ovo, ha spiegato il messaggio del suo “Cristo Rivelato” insieme ai motivi di una ricerca stilistica satura di significati.

Nel segno di una scultura palpitante capace di captare l’anima, Domenico Sepe, a Castel dell’Ovo, ha spiegato il messaggio del suo “Cristo Rivelato” insieme ai motivi di una ricerca stilistica satura di significati.

Ed è così che durante il primo degli incontri di “Dialogo” previsti in seno alla mostra “La Materia e l’Eterno- l’Arte Svelata”, l’apprezzato scultore è stato il protagonista di un momento ricco di contenuti ed emozioni. Con lui durante l’evento condotto dal giornalista Giuseppe Giorgio, la curatrice della mostra e del relativo catalogo, la museologa Daniela Marra, la performer Slobodanka Ciric, il direttore artistico dell’Associazione “Cristo Rivelato”, Pietro Mingione, la violinista Daniela Trionfante e ancora, il sindaco di Brusciano, Giacomo Romano e il direttore del Complesso Monumentale di Santa Maria La Nova, Giuseppe Reale.

Artista di moderna sensibilità ma dal cuore antico, nella sua opera esposta nella Sala delle Carceri, Sepe scarnifica il corpo del Cristo nel momento della rivelazione mentre il velo e le sue pieghe diventano la manifestazione di una sofferenza profonda.

E a fare da motivo conduttore dell’incontro, dopo il saluto iniziale del sindaco di Brusciano, Romano e la personale e appassionata testimonianza per l’opera di Sepe accolta nel suo Comune, è stata pure la coinvolgente performance dell’artista serba e scrittrice trapiantata a Napoli, Ciric. La stessa che, insieme a Mingione, ha dato vita, nei panni di Maria Maddalena, ad un’evocazione drammatica del momento della resurrezione di Cristo e della incredulità di Pietro.Domenico Sepe tra performance e musica spiega il suo Cristo Rivelato

Una rappresentazione capace di associare il dolore al simbolo del riscatto dell’intera umanità. Con le musiche di Daniela Trionfante e il suo brano inedito composto durante la pandemia “In my Head, In my Hand”, la presentazione di Domenico Sepe ha offerto anche l’opportunità di ascoltare l’intervento della curatrice Marra, “autrice di un catalogo – come ha detto il giornalista Giorgio – in grado di mostrare evidente un carattere stilistico vicino ai canoni tradizionali della letteratura e di esaltare, al di là della funzione tecnica, con una impronta lirica, un gusto raffinato ed esclusivo per i valori suggestivi della parola”.

Significativo, infine, è stato il commento del direttore Reale profondo nel parlare del confronto continuo dello scultore essenzialmente contemporaneo con la classicità. “Sepe- ha detto il professore Reale- andando al di là della bellezza si mostra aperto all’arte del Cristo che in una città come Napoli diventa opera di ingegno e mistero. Ancora, con le sue opere Domenico si pone anche al centro di quell’incrocio della narrazione evangelica. La rivelazione del Cristo è la scelta della vita e della speranza di ciascuno di noi e Sepe ama questi incroci pericolosi tra la classicità e la contemporaneità, tra il nascondimento e lo svelamento. Con lui a levarsi è il velo d’una Napoli misteriosa come quella del Sammartino. Un velo pronto a rivelare la propria personale bellezza e la possibilità di accarezzare quel gesto di Cristo Risorto che protende la sua e le nostre mani verso il cielo”.

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