Epatite C, sebbene la Puglia e la Campania abbiano il record di trattamenti contro il virus Hcv, in Italia i casi trattati sono ancora pochi rispetto alla platea dei malati, in quanto meno del 10% afferisce alle cure specialistiche. Sono soprattuto gli anziani e le persone a basso tenore socio economico, che hanno contratto l’infezione molti anni addietro, che più frequentemente sottostimano i rischi dell’infezione. Sono questi i dati emersi a conclusione del congresso «Hepatology in motion: research and utilities» promosso di recente a Napoli dall’Università Federico II e dall’Ateneo di Palermo.
Gli epatologi hanno fatto il punto su una delle patologie epatiche più diffuse e tra le cause più frequenti di epatopatia cronica nella pratica clinica ambulatoriale. Si tratta di numeri veramente importanti: ad oggi un milione di soggetti affetti da epatite C.
“La maggior parte delle patologie croniche del fegato possono essere curate o controllate e quindi la comparsa della cirrosi può essere di molto ritardata, se non addirittura bloccata. – ha detto Nicola Caporaso, professore di Gastroenterologia all’università di Napoli – Grazie a farmaci in grado di inibire la replicazione del virus ed essendo state eliminate tutte le restrizioni di accesso ai nuovi farmaci anti-epatite C, puntiamo ora all’eliminazione di questa infezione dal nostro Paese in 3 anni”.
Ad oggi sono stati curati in Italia l’8 per cento dei pazienti con Hcv. Puglia e Campania sono le regioni che hanno trattato più soggetti rispetto al numero totale di pazienti, la maggior parte con cirrosi, con oltre il 95 per cento dei soggetti in cui è stata registrata la scomparsa totale della malattia. “Ed è un successo dei medici italiani – conferma Caporaso – con il rammarico di aver cominciato tardi ad utilizzare gli ultimi farmaci”.
“Purtroppo questi numeri restano ancora largamente al di sotto del target fissato dall’AIFA di 80 mila terapie per anno. La stima è di chiudere il 2017 con circa 60 mila pazienti trattati, quindi con un deficit importante rispetto al dovuto”, questo il commento di Antonio Craxì, professore di Gastroenterologia all’università di Palermo e presidente della Società Italiana di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva (Sige). Questa situazione potrebbe causare un ritardo rispetto ai piani di eradicazione dell’epatite C che sono stati posti a livello nazionale e che sono peraltro in linea con quanto l’Oms raccomanda. Per questo motivo c’è stato un forte richiamo rivolto a tutte le parti interessate, compresi i medici di medicina generale, con l’invito di attivarsi per individuare i pazienti candidati al trattamento. Oggi, infatti, che l’epatite C va curata in primis con l’obiettivo di eradicare la malattia, ma anche per evitare un’ulteriore diffusione dell’infezione ad altri, è fondamentale individuare questi pazienti e convincerli dell’efficacia delle nuove terapie, per garantirne la guarigione, oltre che la scomparsa totale della malattia.
Articolo pubblicato il: 10 Dicembre 2017 23:08