Pandemia, infortuni, poca preparazione, tempi ristretti per finire i campionati e le Coppe. Ma era davvero necessario far giocare le nazionali?
Per la prima volta nella storia del calcio si sono giocate tre partite della nazionale (delle nazionali) in una settimana.
Per la prima volta si giocherà un Mondiale, Qatar 2022, nel mese di dicembre.
Per la prima volta, causa pandemia, i campionati nazionali sono iniziati praticamente ad Ottobre senza neppure una pausa rispetto alla fine dei precedenti.
Era necessario tutto questo? Era plausibile pensare ad uno spostamento o ad una annullamento almeno della competizione europea? Possibile che le “grandi menti” del calcio non siano riuscite a trovare nessuna soluzione all’affollamento dei calendari?
Non sono riusciti a trovare oppure non hanno voluto trovare?
La risposta, a mio parere, sta nella seconda domanda.
Pur considerando che la maggior parte degli introiti televisivi e di merchandising arrivano nel calcio grazie alle squadre di club e che, quindi, queste ultime dovrebbero essere le prime ad essere tutelate, non possiamo dimenticare la differenza tra, appunto, una società di calcio e la Federazione calcio.
Gli europei, come i Mondiali, portano nelle casse delle Federazioni molti soldi oltre che alla FIFA ed all’UEFA e, come sappiamo, la FIGC non si occupa solo della massima serie come fa la Lega Calcio ma si occupa del calcio nazionale nella sua accezione più ampia comprendendo anche le serie dilettantistiche e, faccio un esempio, il calcio a 5.
Introiti a cui nessuno, ovviamente, vuole rinunciare.
Fatta questa premessa sul lato economico, analizzerei anche l’importanza che, oggi, ha la nazionale. Prima dell’avvento delle PAY TV le uniche partite che si potevano vedere in diretta e che bloccavano milioni di spettatori davanti alla televisione, erano quelle della nazionale. Era, quindi, una vetrina unica ed importantissima anche per le squadre di club. Molti delle persone che hanno scelto di tifare per la Juventus o per l’Inter negli anni 80 lo hanno fatto in quanto vedevano con la maglia italiana alcuni calciatori e, di conseguenza, tifavano per il club di appartenenza del giocatore. Qualcuno, forse, può smentire il fatto che molte donne tifavano per la Juventus per (colpa di) Cabrini?
Calcolando che le squadre di club giocavano in Europa con Coppe ad eliminazione diretta per un massimo di 9 partite, ecco che la nazionale diventava anche il vero confronto tra Paesi calcistici.
Oggi tutto questo non c’è più e la “visibilità” c’è ogni tre giorni senza più bisogno della nazionale. Per i club, anzi, le nazionali diventano un problema enorme per il rischio infortuni e per le conseguenze che questi potrebbero arrecare in classifiche che determinano non solo il risultato sportivo ma soprattutto quello finanziario.
Quale è, allora, nel calcio moderno il senso delle nazionali oltre a quello economico?
Se parliamo di sport, nel momento in cui ci imbattiamo in uno di quelli che dovrebbero essere i suoi cardini ovvero la correttezza, rimaniamo spiazzati da quanto il calcio dei club ne sia lontano. Per correttezza nello sport si intende la pari opportunità dei contendenti, il rispetto delle regole ed il rispetto dell’avversario.
Mi soffermerei sulla prima: pari opportunità.
È inutile stare a discutere sul fatto che ormai tutti i più grandi campionati europei vengono vinti dalle squadre più ricche: basta vedere gli albi d’oro delle varie nazioni per capire che c’è un appiattimento irreversibile verso poche squadre (PSG in Francia; Juventus in Italia; Bayern Monaco in Germania; Real Madrid e Barcellona in Spagna).
Si può parlare allora di pari opportunità nei campionati nazionali? E se ne può parlare anche quando conosciamo i debiti delle società di calcio che vengono “dimenticati” dalle Leghe in quanto ritenuti solvibili dalle banche? Dov’è la pari opportunità? Semplice: non c’è.
Ed è qui che entrano in gioco le nazionali. Nelle partite tra nazionali il criterio della “pari opportunità” è pienamente rispettato: bisogna schierare giocatori con il passaporto della nazione senza possibilità di acquistare calciatori.
A questo punto è ovvio che le nazioni che hanno investito di più nello sport calcio si ritrovano a primeggiare. Il Brasile (che non è stato per nulla un Paese ricco) è stata la nazionale più vincente e nel suo calcio era possibile vedere tutta la fantasia del popolo verdeoro e la gioia di “giocare a pallone”.
Allo stesso modo l’Italia ha vinto molto a livello nazionale in quanto il calcio è lo sport principale della penisola e ciò ha portato ad investimenti sia nei settori giovanili che nelle strutture. Se si porta vanti questo ragionamento possiamo vedere benissimo quanto le scelte sbagliate a livello di Federazione ed i mancati investimenti governativi a favore di strutture hanno portato alla deludentissima eliminazione della nazionale dagli scorsi Mondiali.
Ed allora, se vogliamo dare un senso alle partite delle nazionali, cerchiamo di vederci questo aspetto della pari opportunità data a tutti. Un aspetto più romantico, più sportivo che relega il dio danaro, per una volta, a semplice spettatore.