Ogn’anno, il due novembre, c’é l’usanza Per i defunti andare al Cimitero Ognuno ll’adda fà chesta crianza Ognuno adda tené chistu penziero Ogn’anno, puntualmente, in questo giorno Di questa triste e mesta ricorrenza Anch’io ci vado, e con dei fiori adorno Il loculo marmoreo ‘e zi’ Vicenza. (…). Come avrete certamente riconosciuto, questi sono i primi versi di una delle poesie più belle e celebri di Antonio De Curtis, in arte Totò, che ho voluto qui ricordare per introdurre uno degli aspetti più caratteristici e fondamentali del popolo napoletano: quello del forte legame che li unisce al mondo dei morti, e che nella nostra città trova la sua massima espressione nel Cimitero Monumentale di Poggioreale.
Progettato nel 1839 da Stefano Gasse, presenta al suo ingresso un immenso portale sorretto da quattro pilastri d’ordine dorico che supportano un architrave, sormontato da un frontone triangolare che ne completa l’aspetto maestoso.
Da una recente visita sembra proprio che il culto dei morti a Napoli non sia più quello di una volta, viste le condizioni in cui versa il Cimitero Monumentale di Poggioreale, bistrattato, calpestato e piegato alla volontà inspiegabile di una società distratta e vacua. Non solo. In questi giorni di ricorrenza è forte il disagio per coloro che vanno in visita dai propri cari defunti al Cimitero. Traffico in tilt, strade chiuse, parcheggio assente, navette inesistenti, il servizio dei trasporti poco efficiente. Insomma per un cittadino recarsi al Cimitero diventa un’impresa a dir poco impossibile! Il Comune di Napoli si è preoccupato solo di istituire un dispositivo di traffico e nient’altro. Per chi riesce ad arrivare al Cimitero si trova a fare i conti con uno spettacolo indegno.
Attualmente l’ingresso principale è da più di due anni interdetto ai visitatori, causa gli estenuanti lavori per l’allacciamento della rete della metropolitana che ha già causato, nella parte sud-orientale del Cimitero di Poggioreale, il crollo di numerose palazzine dalle quali sono fuoriuscite le numerose casse da morto, custodite nelle stesse, e dalle quali sono venute fuori anche le povere salme.
Pertanto il vecchio e prezioso emiciclo, dove una volta arrivava anche il tram, è completamente chiuso e l’ingresso pedonale, sia in entrata che in uscita, è “assicurato” da un lungo e stretto corridoio che immette in una lunga, angusta e altrettanto stretta salita che dovrebbe portare i napoletani verso i vari loculi dei loro cari. Per chi conosce bene il Cimitero di Poggioreale, l’area comunemente chiamata “il Quadrato” è adesso completamente occupata da centinaia di bare di legno, dove sono stati sistemati tutti i morti fuoriusciti dalle cosiddette congreghe, sulle quali sono stati segnati, con un semplice pennarello nero, i nomi dei poveri morti “sfortunati”.
Anni e anni di incuria e abbandono da parte delle autorità competenti e dai gestori delle cappelle, hanno trascinato questo immenso cimitero in un vergognoso spettacolo, dove la sporcizia, il disordine continuano a dominare indisturbati.
Tutta l’area interessata ai vari crolli è stata subito messa sotto sequestro, ma mai nessuno ha pensato di intervenire prima sulla ristrutturazione delle cappelle e sulle numerose palazzine che assediano il Cimitero Monumentale di Poggioreale, dove anche qui la speculazione edilizia ha trovato terreno fertile.
Un Cimitero che di “monumentale” adesso ha solo la vergogna, l’incuria, l’abbandono e il degrado di cui nessuno si è mai occupato e più di tutti l’amministrazione comunale che ha ereditato una situazione disastrosa degli anni precedenti.
Non è certo migliore la situazione nel cosiddetto “Recinto degli Uomini Illustri” che forse non tutti conoscono: un’area preziosa del Cimitero di Poggioreale, dove sono presenti le tombe di alcuni autorevoli personaggi vissuti a cavallo tra Ottocento e Novecento, come ad esempio Salvatore Di Giacomo, Ferdinando Albano, Ernesto Murolo (il padre di Roberto), E. A. Mario, Raffaele Viviani, di questi ultimi due hanno già da tempo trafugato i due busti che li ritraevano mentre, invece, di Edoardo Nicolardi (il celebre autore di Voce ‘e notte) si sono “limitati” a trafugare la lapide dal suo monumento funebre e vi può anche capitare, mentre passeggiate tra i “viali” (è ormai rimasto solo il nome ad identificarli, per come sono abbandonati) di essere quasi investiti dai numerosi motorini che sfrecciano indisturbati tra gli stessi, senza nessun tipo di controllo da parte delle autorità. Nemmeno i morti riposano più in pace quella pace tanto desiderata da Eduardo che così recitava: Io vulesse truvà pace: ma na pace senza morte. (…).
E a testimonianza di tanto vergognoso degrado, di tanto scellerato abbandono, riporto le semplici ma significative parole che, i parenti dei morti “sfortunati”, hanno lasciato su un drappo bianco all’ingresso secondario del Cimitero di Poggioreale (quello che usavo per recarmi da mia nonna): Il nostro dolore è saperli sotto le macerie, non sono solo resti, sono la nostra storia.
Articolo pubblicato il: 30 Ottobre 2023 0:14