Gara d’appalto per l’Ilva, viene interrogato alla Camera Luigi Di Maio, ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico. “La procedura di gara è stata un pasticcio con regole cambiate in corsa” afferma il vice Premier, aggiungendo: “C’era chi ci prendeva in giro perché stavamo perdendo tempo a studiare 23 mila pagine. Invece, abbiamo fatto bene e l’Anac ha confermato tutte le criticità e che le nostre preoccupazioni erano fondate”
Numerose sono le “criticità”, che il leader dei 5 Stelle enuncia riguardo la questione della gara. Si parte dalla scrittura dei rilanci, “scritto malissimo e in maniera confusa”, che non ha permesso all’offerta migliore sul piano ambientale e occupazionale di vincere. Proprio la questione ambientale è fondamentale: “Quando è stata bandita la gara, il 5 gennaio del 2016, chi voleva partecipare alla procedura di gara doveva fare un’offerta che prevedeva di attuare il piano ambientale entro il 31 dicembre dello stesso anno. Capirete bene che questa sarebbe stata un’impresa titanica e poche imprese hanno potuto partecipare” considerando che poi la scadenza è stata prorogata prima di due anni e poi di altri cinque, per un totale di 7 anni.
“Si è arrivati al 2023, sette anni in più”, quindi “avrebbero potuto partecipare molte più imprese” e “avremmo potuto avere molte più offerte e miglio, compresa quella di ArcelorMittal” spiega il ministro. “Non solo: l’azienda non ha poi neanche rispettato i termini intermedi del piano ambientale e questo di per sé, se confermato, sarebbe bastato ad escluderla”. E ancora: “Per questo Governo prima viene la legalità. In questo caso specifico vogliamo andare fino in fondo; capire chi non ha sorvegliato queste criticità, chi si ostina a dire che tutto è in regola. Questo non è assolutamente accettabile”.
Il vice Premier ringrazia l’Anac per aver fornito tempestivamente i risultati richiesti, poi continua: “Qui si sta giocando con la salute delle persone” e “Se si è fatto una procedura di gara che non ha messo al centro il massimo delle tutele occupazionali ambientali e le tutele della salute, politicamente ne dovrà rispondere, soprattutto se poi all’interno delle 23 mila pagine ci sono le criticità che abbiamo segnalato”. “Quando guardo alla procedura di gara e guardo alla lettera dell’Anac, penso alle persone che in tutti in questi anni hanno segnalato queste cose. Riuscire a decifrare tutti questi atti non è stato semplice ma ne è valsa la pena. Per me sul tavolo, restano sempre le questioni occupazionali e ambientali tant’è vero che ho detto chiaramente ad ArcelorMittal che il loro piano ambientale non era soddisfacente e che devono fare una controproposta che sembra sia per arrivare nei prossime ore per mezzo dei commissari”.
Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, afferma che l’industria italiana deve tantissimo alla trasformazione del metallo e che grazie ad essa contribuisce in misura massiccia alle fortune dell’export nazionale. I numeri gli danno ragione perché su 550 miliardi di valore complessivo delle nostre esportazioni, ben 450 sono assicurati dalla sola manifattura. E in questa cifra una parte a dir poco importante è garantita dall’industria meccanica: «Ecco perché la riconversione del più grande impianto europeo arrecherebbe un danno irreparabile. L’Italia sarebbe costretta a comprare l’acciaio dai Paesi concorrenti, Cina e Germania: sarebbe assurdo», ha dichiarato Gozzi.
Articolo pubblicato il: 21 Luglio 2018 14:00