Teatro San Carlo, Kát’a Kabanová, di Janácek, è il secondo spettacolo in cartellone della Stagione d’Opera e di Balletto 2108/2019.
Dopo il grande atteso ritorno di Riccardo Muti sul podio del teatro San Carlo, dove con grande successo ha inaugurato, con il “Così fan tutte” di Mozart, la nuova Stagione Lirica e di Balletto 2018/2019 del Massimo napoletano, riprende la programmazione degli spettacoli.
Infatti da sabato 15 a giovedì 20 dicembre sarà in scena al Teatro di San Carlo di Napoli una delle storie più controverse e affascinanti della letteratura musicale russa: Kát’a Kabanová, di Leos Janácek.
Sul podio, ancora una volta, alla guida dell’Orchestra e del Coro (istruito dalla brava e severa Gea Garatti Ansini) del Teatro di San Carlo, il direttore musicale Juraj Valčuha, la cui esperienza maturata nel dirigere questa orchestra ha già dato i suoi frutti.
La regia è curata da Willy Decker, mentre la produzione del spettacolo è della Staasoper di Amburgo e viene presentata per la prima volta in Italia. Nato nel 1950 in Germania, Willy Decker studia dapprima Violino e successivamente Filosofia, Teatro, Musica e Canto alla Hochschule für Musik di Köln.
Scelto come regista assistente al Teatro di Essen, successivamente lavora al Teatro Lirico di Cologne dove ha l’occasione di collaborare con registi di fama mondiale come Hans Neugebauer, Harry Kupfer, Jean-Pierre Ponnelle e Michael Hampe.
Debutta al Salzburg Festival nel 2004 con Die tote Stadt di Korngold e nel 2005 vi torna per una acclamata produzione di Traviata con Anna Netrebko e Rolando Villazón.
«Janácek si interessava alla melodia della lingua parlata, – afferma Valčuha – la sua era quasi un’ossessione: osservava il rapporto fra il significato delle parole e il loro suono.
Quando camminava per le strade aveva sempre un taccuino su cui scriveva frasi brevi o solo alcune parole che sentiva, e insieme annotava le loro melodie e i loro ritmi. Questo gli ha fatto pensare alla musica, e specialmente alla musica vocale, in un modo molto diverso dagli altri».
Willy Decker ambienta la storia della sfortunata Katerina Kabanovà in un passato indeterminato ma non troppo lontano, in un mondo claustrofobico di lana nera e gessato.
Le scene e i costumi – netti e in gran parte monocromatici – di Wolfgang Gussmann rispecchiano l’oppressione dei personaggi imprigionati in una sola stanza, di legno, grigia e scarsamente arredata, dove solo talvolta è aperta per rivelare quella parte di cielo che però è sempre oltre, fuori ogni portata.
Il libretto, scritto dallo stesso Janácek, è ispirato al dramma di Ostrovskij Groza. Con questo lavoro l’autore mostra quel vivo interesse per la cultura e la letteratura russa con una particolare attenzione per le modulazioni della lingua, che rende il testo di difficilmente traducibile.
Emerge, inoltre, una ricercata aderenza al reale che porta il personaggio di Kát’a a imporsi come emblema della lotta alle stringenti convenzioni imposte dalla società, pagando con la vita il prezzo di un’agognata indipendenza.
L’idea di mettere in musica un testo carico di forte realismo psicologico arriva al compositore e librettista ceco su suggerimento di Václav Jirikovskij, direttore del teatro di Brno, dove avvenne la prima rappresentazione nel 1921, ma è soprattutto dettata dalla sua esperienza biografica, dal momento il personaggio di Kát’a è disegnato su modello dell’amata Kamila Stösslová.
Lo stesso Janácek scrisse in una lettera a lei indirizzata: «Ho incominciato a comporre una nuova opera. La protagonista è una donna, di carattere molto mite […] basterebbe un colpo di vento a trasportarla via, per non parlare della tempesta che si riversa su di lei.»
Lo scenario nel quale ha luogo la vicenda è marcatamente dicotomico: al tormento che affligge l’Io protagonista, corrisponde l’idillio rappresentato da una Russia immersa in “silenzio e pace”.
In scena – tra gli interpreti – i soprani Pavla Vykopalová e Barbara Haveman, nei panni di Katerina Kabanová, il tenore Ludovit Ludha (Tichon Ivanyč Kabanov), il contralto Gabriela Beňačková (Marfa Kabanová), i tenori Misha Didyk e Magnus Vigilius (Boris Grigorjevič), il basso Sergej Kovnir (Savël Dikoj), il mezzosoprano Lena Belkina (Varvara) e il baritono Boris Stepanov (Kudrjás).