I 33 club di Roma e provincia riuniti per denunciare le differenze tra movida e assembramento. Richiesto un incontro a Nicola Zingaretti. “La movida non è solo quella che vediamo in TV. Chiediamo un confronto con le istituzioni per una ripartenza in sicurezza, come già sta avvenendo in molti Paesi dell’Unione Europea, pronti a ricominciare già da giugno”.
Si sono incontrati a Roma i principali referenti dei club e del mondo della notte. 33 locali tra i più frequentati della capitale e dintorni, con lo scopo di unirsi in un’unica voce a difesa della “movida” organizzata, che nulla ha da spartire con gli assembramenti di piazza presi di mira con la partenza della Fase 2. Oltre duemila persone lavorano in queste strutture che fanno capo a imprenditori legati al mondo dell’intrattenimento, gestori di sale da ballo e discoteche, che da sempre svolgono le loro attività al chiuso come all’aperto. Un incontro che era nell’aria, visto anche l’avvicinarsi della bella stagione che quest’anno, potrebbe essere sprovvista dei consueti poli notturni e delle strutture ludiche, che ogni anno ospitano migliaia di cittadini e turisti a caccia di divertimento. L’uso della parola “movida”, associata all’incontrollato riunirsi di persone nelle piazze o per le strade, ha mobilitato gli specialisti del settore che tengono a precisarne le differenze.
Questi luoghi, chiusi ormai da oltre tre mesi, danno lavoro a migliaia di persone e producono un indotto economico da non sottovalutare, eppure continuano a non destare l’attenzione delle autorità governative. Nonostante queste strutture forniscano un grande reddito e settimanalmente, accolgano circa 30.000 persone che spendono rifocillando le casse del settore turistico a cui sono connesse, ma anche quelle del settore della moda (quanti di noi acquistano abiti per andare a ballare?), questi luoghi non hanno ricevuto alcun aiuto economico né dallo Stato, né dalla Regione o dall’Amministrazione Comunale. La situazione attuale è che, a parte qualche rara eccezione, i locali non sono stati mai menzionati o interpellati per quello che concerne un’ipotetica tempistica, con relative linee guida per possibili riaperture.
La categoria chiede un confronto propedeutico per far ripartire il mercato in modo sicuro. Per farlo, i club sono stati assistiti dall’Architetto Michele Frese, tra i massimi esperti di progettazione di genere che, nell’arco della riunione, ha illustrato loro il decreto e tutti i punti riguardanti le strutture di settore, con ciò che è possibile fare e non fare. Tutto questo al fine di non incorrere in errore, ben distinguendo i locali di ristorazione da quelli dediti all’intrattenimento.
“Vorremmo che il nostro lavoro fosse osservato da chi ci governa, a cui abbiamo sempre riconosciuto tutto e con cui abbiamo sempre fatto il nostro dovere. Sono ipotizzabili test sierologici e termoscanner, come quelli previsti da altri Paesi della comunità europea, dove la movida organizzata riprenderà già dal mese di giugno“, dichiarano in conclusione gli organizzatori.
I 33 locali riuniti chiedono:
Articolo pubblicato il: 30 Maggio 2020 11:57