Cinema

Lando Buzzanca: un grande attore che rivive nel ricordo della sua compagna Francesca Della Valle

Lando Buzzanca, icona degli anni ’70, attore versatile dotato di un grande talento artistico. Un doveroso ricordo per un attore troppo presto dimenticato che vogliamo celebrare e ricordare nel giorno del suo compleanno.

Lando Buzzanca oggi 24 agosto avrebbe compiuto 89 anni. Icona della commedia all’italiana ha attraversato la storia del cinema partecipando a più di 100 film sempre da protagonista: mai volgare, sempre simpatico e adorato dal suo pubblico.

Nato a Palermo il 24 agosto 1935, gli inizi della sua lunga e fortunata carriera artistica, furono più che lusinghieri: già notato da Pietro Germi, quando frequentava con brillanti risultati l’Accademia d’arte drammatica “Pietro Sharoff” dove apprese i rudimenti della recitazione seguendo il noto metodo Stanislavskij, fu scelto dal regista citato che, dopo averlo osservato a teatro in un ruolo drammatico, gli diede la parte di Rosario Mulè in Capriccio all’italiana, titolo originale del film poi mutato in quello attuale divorzio all’italiana, del 1961 che ebbe un grande e soddisfacente successo, incentrato sul famigerato delitto d’onore (previsto dall’articolo 587 del codice penale dell’epoca), la cui scellerata norma giuridica spingerà il protagonista del film, il barone Cefalù (magistralmente interpretato da Marcello Mastroianni) all’ideazione del delitto d’onore, per liberarsi della fastidiosa presenza della moglie.

La prova del giovanissimo Buzzanca fu così convincente che Germi lo volle anche per il suo successivo film Sedotta e abbandonata, del 1963, dove gli fu affidata la parte di Antonio Ascalone, fratello della minorenne Agnese (la “sedotta e abbandonata” del titolo del film), interpretata da una giovanissima Stefania Sandrelli. Pertanto, ad appena 28 anni aveva già alle sue spalle la partecipazione ai due film più importanti e noti del regista genovese che, insieme a Signore & signori (1966), aveva così realizzato la cosiddetta trilogia sulla società italiana, sulle sue ipocrisie e i suoi più bizzarri costumi.

La sua carriera era ormai in definitiva evoluzione e già nel 1967 lo ritroviamo nel ruolo del protagonista Giovanni Percolla, nel film Don Giovanni in Sicilia, diretto da Alberto Lattuada e tratto dell’omonimo romanzo di Vitaliano Brancati.

Più di 100 i lungometraggi interpretati dal bravissimo e versatile attore siciliano, che solo nel 1970 interpretò ben 7 film: “gatto” mammone, scalognato, con gli occhi spesso stralunati e con in testa soltanto il sesso, gli diedero la fama del seduttore siciliano sfortunato, imbranato e testardo.

Tutti i suoi successivi film, di grande successo, tratteranno quasi sempre e con una certa meticolosità farsesca e popolare, i temi più cari e tipici della commedia all’italiana: una Sicilia dall’onore irrinunciabile e pervasa dall’omertà sessuale (Una caso di coscienza – 1970), tratto da un racconto di Leonardo Sciascia che per la prima volta non si occupava di mafia, il matrimonio dei religiosi (Il prete sposato – 1970), la ricerca del successo a tutti i costi (Il merlo maschio – 1971), la ricerca ossessiva del desiderio sessuale (Homo ereticus – 1971), la dilagante corruzione dei politici (All’onorevole piacciono le donne – 1972), le lotte operaie (Il sindacalista – 1972), la mania per il gioco del calcio (L’arbirito – 1974), il becero servilismo dell’italiano medio (Il domestico – 1974), fino alle interpretazioni più incisive della sua carriera (Secondo Ponzio Pilato – 1987) e (I Vicerè – 2007 per la regia di Roberto Faenza tratto dal romanzo omonimo di Federico De Roberto), giusto per citarne alcuni.

Tuttavia, dopo questo breve e frammentario excursus artistico, vorrei celebrare e ricordare il grande attore palermitano in un modo del tutto speciale e inedito, e cioè attraverso la viva testimonianza di colei che fino alla fine gli è stato vicino, nei momenti più difficili e drammatici, più amari e dolorosi della vita: la sua compagna Francesca Della Valle, che ci ha concesso questa breve intervista.

Iniziamo questa nostra breve conversazione, con una domanda di rito: come ha conosciuto Lando Buzzanca? 

Per prima cosa voglio dire che Lando Buzzanca per me era il più grande attore italiano in assoluto, un vero e proprio istrione, straordinario nei suoi numerosi ruoli e, in pieno femminismo, ha sdoganato il mito del super-uomo, che nessuno però è riuscito a capire, perché Buzzanca era un attore che andava oltre i canoni formali dell’epoca. Pertanto mi innamorai di Lando Buzzanca nel 2001, quando seguii una sua intervista nel programma “Satyricon” condotto da Daniele Luttazzi, straordinaria nella sostanza e nei contenuti.

Uomo di grande fascino, che non prendeva mai in giro il suo pubblico perché era fondamentalmente onesto, infatti dopo la sua morte ho saputo che aveva fatto tanta beneficenza. Come giornalista ed autrice lavoravo da qualche anno negli Emirati Arabi Uniti e in America Latina, e prestavo il mio volto per campagne sociali; avevo scritto un soggetto il cui argomento era lo stalking, il femminicidio e la pressione psicologica, e subito pensai a Lando, l’unico che poteva interpretare egregiamente questi ruoli. Ottenni il suo numero da una sua amica attrice, e quando lo chiamai mi disse che non era “tecnologico” e mi invitò a non inviargli alcuna mail, ma di andarlo a trovare direttamente a casa sua.

Con grande emozione, mi recai da lui, e invece di prendere l’ascensore (abitava in un attico, all’ultimo piano) decisi di salire per le scale, nonostante avessi i tacchi, e quando mi aprì la porta restò per un attimo fermo sull’uscio, senza dire una parola, mentre stava vedendo un film su Caravaggio (più tardi capii che ci univa anche l’arte) che divenne subiti l’oggetto della nostra conversazione parlando sia della “Decollazione del Battista” che della “Vocazione di San Matteo” fino a quando, dandomi subito del “tu”, mi fece accomodare nel suo appartamento.

Con la sua voce straordinaria, mi chiese cosa mi avesse spinto a recarmi da lui: “Lei deve essere mio marito” e lui, subito improvvisò e rispose: “Come faccio a dire di no?” Questa è stata la prima scena della nostra vita, e poi lui mi ha detto: “Io mi sono innamorato a ottant’anni, non mandarmi via, perché sarò l’uomo della tua vita” e, per tre anni, mi ha chiesto continuamente di sposarlo”.

Mi risulta che lui abbia rifiutato il ruolo del Principe di Salina nel “Gattopardo” di Visconti: è vero? 

Rifiutò questo difficile e lusinghiero ruolo perché riteneva di essere, a soli 25 anni, troppo giovane, ma poi si rifece con “I Vicerè” di Roberto Faenza; Visconti non la prese bene, ma non era la prima volta che diceva “no” ad un regista, e toccò anche al grande Visconti, infatti spesso ha rifiutato dei ruoli perché la sceneggiatura non lo convinceva”.

Con quale attore era riuscito a costruire una amicizia vera anche fuori dal set, chi erano i colleghi che amava più frequentare nel tempo libero, in un ambiente così difficile e selettivo come quello del cinema? 

A Lando piaceva molto frequentare gli attori meno noti, anche i “caratteristi”, come ad esempio Gianni Agro che stimava molto e che lavorò con lui nel “Don Giovanni” di Molière, spettacolo di cui curò anche la regia, ridimensionando interi dialoghi dello stesso, e per ben 19 anni ha lavorato in teatro sempre con grande passione e lusinghiero successo”. 

Cosa ricordava con maggior piacere dei suoi numerosi film che aveva realizzato con i più grandi registi del Novecento?

“Senza dubbio la sua preziosa collaborazione con la regia di gran parte dei suoi film, in uno di essi addirittura (ma non svelerò né il regista né il film) curò interamente la regia, salvando probabilmente il film da una deludente realizzazione”. 

Com’era il suo rapporto con la Sicilia e con Palermo, visto che da anni ormai viveva a Roma?

“Non l’ha mai dimenticata, e quando gli impegni glielo permettevano, tornava sempre con grande piacere nella sua adorata Palermo, dove abbiamo girato anche un cortometraggio “Non andare” che, tra l’altro, ha vinto numerosi premi, e di cui io stessa sono l’autrice, mentre lo sceneggiatore è palermitano“.

Qual’è il film che avrebbe voluto realizzare o il regista con il quale avrebbe volentieri lavorato? 

Più che il film o il regista (praticamente ha lavorato con tutti i più grandi dell’epoca: da Elio Petri a Castellano e Pipolo, da Dino Risi a Luciano Salce, da Mario Mattoli a Steno, da Nanny Loy a Luigi Zampa, da Gianni Grimaldi a Pasquale Festa Campanile, da Luigi Magni a Roberto Faenza e così via) era più che altro un ruolo che non ha mai interpretato, quello del KILLER. Inoltre ha lavorato anche con Eduardo De Filippo ne “La Grande Magia”“.

Cosa amava fare Lando Buzzanca nel suo tempo libero? 

“Amava molto l’opera lirica, la Canzona Classica Napoletana e quella francese, in particolare “La vie en rose”; noi ci divertivamo molto anche con la musica latina, la Bossanova per esempio, perché Lando era anche un ottimo cantante – “L’amore è bello, se non è litigarello” – chi non se la ricorda ? … insomma, era un uomo di spettacolo completo”.

In conclusione veniamo alla sua associazione “Labirinto 14 Luglio”, nata per la tutela dei diritti delle persone fragili, dopo la triste e amara vicenda che ha coinvolto lei e i figli di Buzzanca, in una serie di accuse incrociate, nella quale non voglio entrare nel merito, ma che tuttavia mi corre l’obbligo di ricordare e menzionare, dopo la morte del grande attore, avvenuta tra mille sofferenze il 18 dicembre 2022. Cosa ci può dire in proposito?

““Labirinto 14 luglio” che nasce in nome di Lando, è stata creata per salvare gli italiani da quelle che sono leggi anticostituzionali, partendo dalla 6/2004, che dovrebbe tutelare tutti i soggetti fragili, che non sono solo quelli affetti da disabilità, ma riguarda tutti perché ognuno di noi può cadere nella rete di leggi di questo tipo, vedi Lando Buzzanca, vedi il prof. Vattimo, vedi la Lollobrigida: grandi divi, sani e lucidi, ma sfortunati nell’ultima parte della loro vita. Pertanto “Labirinto 14 luglio” deriva da quel “labirinto” che è appunto la Legge 6/2004 dalla quale è difficile uscire, poiché talvolta viene usata per alcuni soggetti, come nel caso di Lando Buzzanca, per truffare la loro vita. Pertanto mi auguro che la sua triste esperienza serva per cambiare le cose quando le circostanze diventano simili a quelle che ha dovuto subire Lando. Inoltre “14 luglio” perché sono nata in questa data storica quando, con la presa della Bastiglia, scoppiò nel 1789, la Rivoluzione Francese, ed io mi sento una “rivoluzionaria” che porterà avanti con forza e tenacia, questa mia battaglia personale, sempre in nome e in memoria di Lando Buzzanca”.  

Articolo pubblicato il: 24 Agosto 2024 7:50

Carlo Farina

Carlo Farina - cura la pagina della cultura, arte con particolare attenzione agli eventi del Teatro San Carlo, laureato in Beni culturali, giornalista.