“Rocky The Musical” è approdato sul palco del Teatro Augusteo, trasformando la platea di piazzetta Duca d’Aosta in una moltitudine di cuori in apnea, pronti a vibrare al ritmo dei colpi sferrati non solo sul ring, ma soprattutto nell’anima.
Certe storie non invecchiano mai. Anzi, col passare degli anni si fanno leggenda. E tra queste, poche hanno saputo incarnare lo spirito immortale della tenacia, della rivincita e dell’orgoglio umano come quella di Rocky Balboa, il pugile venuto dal nulla, nato ai margini di Philadelphia, capace di diventare simbolo di riscatto per intere generazioni.
Ed è proprio su quel confine sottile tra vita e sogno, tra sconfitta e gloria, che “Rocky The Musical” è approdato sul palco del Teatro Augusteo, trasformando la platea di piazzetta Duca d’Aosta in una moltitudine di cuori in apnea, pronti a vibrare al ritmo dei colpi sferrati non solo sul ring, ma soprattutto nell’anima.
Partendo dallo storico film del 1976 – icona assoluta del cinema mondiale – il musical, nato a Broadway nel 2012 con musiche di Stephen Flaherty, liriche di Lynn Ahrens e libretto scritto da Thomas Meehan insieme a Sylvester Stallone, trova oggi nella versione italiana firmata da Luciano Cannito un nuovo, potente respiro teatrale. Un adattamento che, più che una semplice trasposizione, è un autentico atto d’amore verso un mito senza tempo.
Con la regia solida e visionaria dello stesso Cannito e le coreografie dinamiche e incisive di Fabrizio Prolli, la vicenda di Rocky si fa spettacolo totale, esperienza immersiva, adrenalina pura. Sul ring della scena Pierpaolo Pretelli – sorprendente nel dosare fisicità, fragilità e carisma – indossa i guantoni del leggendario Balboa.
Accanto a lui, una dolcissima e intensa Giulia Ottonello dà volto e voce alla timida e coraggiosa Adriana, in un incontro tra solitudini che si fanno forza reciproca. Perfettamente in parte anche Robert Ediogu nei panni dell’arrogante Apollo Creed, Giancarlo Teodori nel ruolo del ruvido ma affettuoso allenatore Mickey, e Matteo Micheli come Paulie, burbero e malinconico al tempo stesso.
A dare ulteriore potenza visiva allo spettacolo, le scenografie di Italo Grassi, mobili, versatili, capaci di ricreare i bassifondi urbani e i vicoli dell’anima. Straordinari i costumi di Veronica Iozzi, le luci di Valerio Tiberi e la direzione musicale affidata ad Ivan Lazzara e Angelo Nigro che, tra ballate struggenti e sonorità rock, avvolgono la narrazione in un ritmo serrato, pulsante, cinematografico. E poi, come in ogni grande romanzo di vita, arriva il momento decisivo.
Quello in cui tutto si ferma. Il ring si materializza sul palco. Le immagini si fanno live, il pubblico trattiene il fiato, le telecamere riprendono in diretta il corpo a corpo tra Rocky e Apollo, mentre la platea diventa essa stessa parte di quel combattimento che non è solo sport, ma è metafora esistenziale.
Ed è lì, nel fragore degli applausi finali, che l’antica lezione di Rocky esplode in tutta la sua verità: “Non conta quanto duramente sai colpire, ma quanto riesci a incassare e ad andare avanti”. Perché in fondo, al di là del ring, dei guantoni e dei riflettori, questa non è soltanto la storia di un pugile. È la storia di ciascuno di noi.
Di chi cade e si rialza. Di chi sogna e combatte. Di chi – anche quando tutto sembra perduto – ha ancora il coraggio di guardarsi allo specchio e sussurrare: “Io valgo qualcosa”. Ed è questa la più grande vittoria di “Rocky The Musical”: ricordarci che, nella vita come sul ring, si può anche perdere l’incontro… ma non bisogna mai smettere di lottare.