Conseguenze del Covid 19 sul mondo dello spettacolo: il punto di vista di alcuni addetti ai lavori sul futuro di musica e teatro (tra i settori più colpiti dalla crisi).
“I primi a chiudere e gli ultimi a riaprire”. È questa la frase che purtroppo sta accompagnando dall’inizio dell’epidemia di Coronavirus gli addetti ai lavori di musica e teatro, tra i settori economicamente più penalizzati da questo durissimo momento.
Certo, i social network sono al giorno d’oggi uno strumento importantissimo per cercare di far andare avanti queste arti. Tantissime e lodevolissime le iniziative in tal senso, le quali tuttavia non possono sostituire una caratteristica fondamentale di musica e teatro: trasmettere emozioni e riflessioni attraverso il contatto diretto con il pubblico.
La redazione di 2A News ha raccolto il punto di vista di alcuni addetti tra i tantissimi ai lavori, i quali, invasi da sensazioni che oscillano tra sconforto, emarginazione, ottimismo e speranza, guardano al futuro di queste due arti, con l’auspicio che prima o poi “The show must go on”.
Nando Misuraca (cantautore nonché fondatore dell’etichetta discografica Suono Libero Music)
“La musica attraversa probabilmente la crisi più dura dalla guerra in poi. Il Coronavirus ha colpito, oltre alle persone, i “nervi scoperti” del Paese. L’Italia è un paese arretrato sotto molto punti di vista. Basti pensare che figure professionali e maestranze come musicisti, fonici, operai, tecnici di luci/palco, road manager, organizzatori che sono dietro il cantante frontman, sono attualmente senza reddito, nella paralisi più totale.
Bisognerà intervenire immediatamente per garantire un sostegno adeguato e dignitoso a queste persone e, una volta che la crisi sarà passata, stabilire un albo professionale in cui tutti gli operatori dello spettacolo possano iscriversi e pagare le relative tasse. È impensabile che, ad oggi, siamo considerati come abusivi. Ci vorrà un anno circa per risollevarci da questa crisi, ma, intanto l’unica via plausibile è, a mio avviso, lo streaming. Ed anche in questo settore l’Italia deve aggiornare le sue infrastrutture vetuste ed inadatte per l’era che viviamo”.
Gaetano Diodato (bassista e contrabbassista della band di Sal Da Vinci, con all’attivo collaborazioni, tra gli altri artisti, con Zucchero e Loredana Bertè)
“Regolamentare tutto il settore sarà operazione lunga e complessa. Il settore è fortemente stratificato per competenze, esperienza, attitudini, titoli di studio, titoli artistici e non per ultimi, quantità di contributi lavorativi versati. Bisogna cercare di rappresentare tutti, da chi mette il disco con le basi per cantare nelle bettole al professionista top. Nel frattempo, la situazione disastrosa del momento ha fatto nascere molte associazioni di categoria e rafforzato quelle già esistenti. È certamente una buona cosa, ma da qui a regolamentare tutto il settore con diritti e doveri riconosciuti dallo Stato come tutti i lavoratori, occorrerà tempo e competenza. Ci saranno ancora aiuti per noi, cosa che personalmente mi preoccupa.
Vogliamo essere messi nelle condizioni di guadagnare i soldi lavorando, senza assistenzialismo dello Stato, anche perché alla lunga questa cosa si ritorcerà su tutti. Il settore ha un forte impatto sociale e la società non ne può fare a meno. Resta per il momento la preoccupazione di quanto tempo passerà prima che tutto riprenda nella normalità”.
Marco Lanzuise (attore di teatro, cinema e tv, dove è protagonista, tra numerose produzioni, con I Sovrani)
“In molti non hanno ricevuto il bonus da 600 euro perché senza i requisiti necessari (la legge prevede infatti un minimo di 30 contributi nell’anno 2019, ndr). Chi doveva in seguito fare teatro nei mesi di Covid 19 spesso non può dimostrare che ha perso lavoro perché l’agibilità spesso si fa anche pochi giorni prima di debuttare visto che siamo assunti e licenziati nello stesso giorno.
C’è da sottolineare che purtroppo non tutti gli attori fanno un giro nazionale o 100 date in un anno, poiché in tanti lavorano solo nella propria regione”.
Liliana Mastropaolo (organizzatrice e promotrice di eventi artistici e culturali)
“Già prima dei decreti di distanziamento sociale, si era intuito che il teatro avrebbe pagato un prezzo altissimo. Viviamo in un limbo di incertezze sul futuro, di angoscia e di desiderio di essere presenti nella ripartenza del Paese, che non deve prescindere dal patrimonio culturale e non deve dimenticare i numerosi addetti ai lavori penalizzati dalle misure di distanziamento sociale adottate, che per ovvie ragioni non possono coesistere con attività che prevedono assembramenti.
La pianificazione e i progetti restano, gli artisti continuano a creare, ma mancano le strategie di ripresa. Mai come adesso il Teatro, i concerti, le performance artistiche sono state retrocesse a categorie inutili, la cui ripresa non è fra le priorità. È offensivo per l’enorme patrimonio che vantiamo, ma anche discriminatorio per un settore lavorativo già per sua natura precario. Viene totalmente trascurata una larga fascia di professionisti, ovvero piccole compagnie teatrali, piccoli teatri, teatri off, associazioni culturali. Lavoratori mossi da passione e dedizione, fragili e precari, che spesso con mezzi limitati offrono agli spettatori momenti di aggregazione, di svago, di riflessione, di commozione, di pura Bellezza.
Si potrebbe pensare che il futuro del teatro sia una lenta evoluzione verso le distanze tra Artisti e pubblico: il rapporto Artista-pubblico è però indispensabile. È necessario tornare nei luoghi deputati, trovare magari spazi più ampi e adatti a questo momento, ma bisogna tornare tra il pubblico e sui palcoscenici”.