di Maria Sordino – Il donatore ha 83 anni, 78 anni ognuno dei due riceventi di un rene. Questi i dati anagrafici di un doppio trapianto effettuato nel torinese che spiega la nuova filosofia della trapiantologia. Sempre più spesso infatti sono gli anziani, sia i potenziali donatori che i riceventi. Perché, se da un lato, GRAZIE ai caschi, alle cinture di sicurezza, ai seggiolini, muoiono sempre meno giovani e giovanissimi in incidenti stradali, dall’altro il progressivo allungamento della vita candida un maggior numero di persone a questo tipo di interventi.
A differenza di organi come il cuore, che non possono essere utilizzati se non più “giovani”, l’età media che si alza non è un problema per i trapianti di organi come fegato e reni, che infatti negli ultimi anni hanno visto numeri in crescita: il fegato non ha età e può essere donato anche da ultranovantenni; il rene ha raggiunto e superato la frontiera degli 80 anni, mentre per cuore e polmoni non si va oltre i 65 anni.
Cosa è cambiato: le nuove tecnologie consentono oggi di “rigenerare” gli organi di donatori anziani. Esistono macchine in grado di fare perfusione, nell’organo, di ossigeno e di liquidi macroproteici analoghi al sangue, che riportano indietro nel tempo le lancette dell’orologio biologico e permettono di consegnare al malato fegato e reni migliorati.
Un traguardo importante, che consente di aiutare un numero di gran lunga più grande di persone sospese in lunghe liste d’attesa, per tempi a volte insostenibili.
Eppure il trapianto resta un evento assolutamente particolare, perché, tra tutte le esperienze terapeutiche che un paziente può affrontare nell’immenso campo della medicina, esso solo coinvolge e mette a contatto fino al limite estremo della integrazione fisica, due persone: il ricevente, segnato dal dolore, dal senso di impotenza, dalla paura della morte e il donatore, vivente o morto, “l’altro”, portatore anch’esso del suo vissuto, spesso sconosciuto e, per questo, ancora più inquietante.
Due esistenze si incontrano quindi drammaticamente con un atto complesso che, nel caso di trapianti “old for old”, si veste di una dolce umanità, di una infinita delicatezza, in un gesto di generosità estrema che coinvolge donne e uomini che giovani più non sono.