Salutato positivamente anche dalla Bibbia del cinema in Italia, il magazine Ciak diretto da Piera Detassis, l’opera di Marra racconta lo stesso partito criminale, responsabile dello scempio ambientale e morale in Terra di Lavoro, ritratto da Olivares in Veleno. Però stavolta c’è un solo uomo contro l’intero Sistema, un sacerdote tradito da una Chiesa che dovrebbe combattere a schiena dritta i clan e dalla comunità omertosa che va a messa.
Quella di Don Antonio è una lotta contro un Leviatano biblico, un Golia bicefalo attivo su due fronti, lo spaccio di droga e l’inquinamento ambientale. Due facce della stessa medaglia non riconosciute però dal parroco che lo precede nella sua attività pastorale, impegnato come è a consolare la sua comunità col solo antidoto della fede in Dio, e a contrastare il traffico dei rifiuti al prezzo di chiudere un occhio davanti ad abusi su minori e narcotraffico.
Tutto sta nel mantenere l’equilibrio del titolo, a costo di un compromesso amorale e immorale, un esercizio in cui Don Antonio, sacerdote già in profonda crisi spirituale, è destinato a fallire. Una critica feroce alla Chiesa traspare dal film di Marra, forse meno compatto e fluido di Veleno, e più didascalico nell’illustrare lo stato dell’arte nell’hinterland napoletano, che ricorda, a un anno di distanza da Indivisibili di De Angelis, il ritratto di preti più orientati a giocare con le anime e a dominarle, piuttosto che a traghettarle verso il futuro.
Articolo pubblicato il: 24 Dicembre 2017 9:42