Tra i primi sintomi della ludopatia ci sono la perdita di ore di sonno, la tendenza a isolarsi e l’incapacità di trovare la concentrazione. Poi subentrano un netto scadimento dei risultati scolastici, l’azzeramento della vita sociale e un generale peggioramento della salute. Se questi sintomi sono presenti per almeno un anno, è possibile diagnosticare la “dipendenza da videogame”.
A dirlo è l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), che l’ha inserita nell’ultimo aggiornamento dell’elenco di tutte le patologie, l’International classification of diseases (Icd). La nuova versione dell’Icd sarà presentata all’Assemblea mondiale della sanità nel maggio 2019.
In Italia, secondo la ricerca ESPAD 2018, sono 270mila i ragazzi che hanno un comportamento con Internet a rischio dipendenza.
ESPAD è una ricerca sui comportamenti d’uso di alcol, tabacco e sostanze psicotrope legali e non, da parte degli studenti di entrambi i sessi e di età compresa fra i 15 e i 19 anni, frequentanti le scuole medie superiori italiane.
Lo studio fu realizzato per la prima volta dall’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR attraverso la Sezione di Epidemiologia e Ricerca sui Servizi Sanitari nel 1995, e dal 1999 si ripete con cadenza annuale su un campione rappresentativo delle scuole superiori presenti su tutto il territorio nazionale.
“La fascia di età più a rischio è quella che va dai 10 ai 12 anni», spiega Massimo Clerici, docente di psichiatria presso l’Università di Milano Bicocca, «una fase critica nella quale gli adolescenti cominciano a sviluppare la propria identità autonoma e dunque a porre le basi per ciò che saranno in futuro”.
Come le tossicodipendenze, anche la necessità di passare ore e ore davanti al pc o alla consolle comporta fenomeni di assuefazione e astinenza: si è costretti ad aumentare il tempo passato a giocare per trovare soddisfazione, mentre la lontananza dal monitor scatena sintomi psicofisici quali irrequietezza, malumore, pensieri ossessivi e incapacità di concentrarsi sulle altre attività.
“In questi casi il ruolo dei genitori è fondamentale e delicatissimo. Il dialogo dovrebbe essere il primo strumento per capire se c’è una situazione di rischio”, conclude Clerici, “ma dato che proprio a quell’età i ragazzi fanno fatica a comunicare con gli adulti, bisogna soprattutto prestare attenzione all’insieme dei loro comportamenti”.
Articolo pubblicato il: 7 Settembre 2018 14:00