Ezio Bosso: il pianista è morto all’età di 48 anni. Aveva una malattia neurodegenerativa che però non gli ha impedito di portare avanti la sua arte.
Il mondo della musica e della cultura italiana piangono Ezio Bosso, famosissimo pianista, morto all’età di 48 anni. “La prima cosa che farò è mettermi al sole. La seconda sarà abbracciare un albero“. Questa una delle sue ultime dichiarazioni durante la quarantena.
Nato a torino il 13 settembre 1971, dal 2011 Bosso conviveva con una malattia neurodegenerativa, diagnosticata dopo l’intervento per un tumore al cervello. Eppure, nonostante tutto, era riuscito a portare avanti la bellezza della sua arte andando oltre ogni barriera.
La sua storia fatta di arte, musica e dignità era salita alla ribalta nazionale nel 2016, quando Ezio Bosso si esibì sul palco del Festival di Sanremo, commuovendo il teatro Ariston con il suo amore per la musica, che non può conoscere barriere culturali né tantomeno fisiche.
Bosso è stato pianista ma anche compositore (la sua musica viene usata da coreografi come Christopher Wheeldon, Edwaard Lliang e Rafael Bonchela, da registi teatrali come James Thierrèe, mentre Gabriele Salvatores gli ha affidato le colonne sonore di film come Io non ho paura, Quo Vadis baby? e Il bambino invisibile) e direttore d’orchestra, partner di Mario Brunello e della London Symphony Orchestra.
Sempre con il sorriso sulle labbra nonostante le avversità, mettendo a disposizione di tutti un’arte che non può avere confini. In fondo, sul palco di Sanremo e negli ultimi anni ci ha sempre tenuto a ricordare come la vita fosse composta da 12 stanze.
Ezio Bosso: le sue parole di speranza sul palco di Sanremo
“Si dice che la vita sia composta da 12 stanze. 12 stanze in cui lasceremo qualcosa di noi che ci ricorderanno. 12 le stanze che ricorderemo quando saremo arrivati all’ultima. Nessuno può ricordare la prima stanza dove è stato, ma pare che questo accada nell’ultima che raggiungeremo. Stanza, significa fermarsi, ma significa anche affermarsi. Ho dovuto percorre stanze immaginarie, per necessità.
Perché nella mia vita ho dei momenti in cui entro in una stanza che non mi è molto simpatica detto sinceramente. È una stanza in cui mi ritrovo bloccato per lunghi periodi, una stanza che diventa buia, piccolissima eppure immensa e impossibile da percorrere. Nei periodi in cui sono lì ho dei momenti dove mi sembra che non ne uscirò mai. Ma anche lei mi ha regalato qualcosa, mi ha incuriosito, mi ha ricordato la mia fortuna. Mi ha fatto giocare con lei. Si, perché la stanza è anche una poesia”.