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Malattia da Coronavirus e danno polmonare cronico. L’opinione dell’esperto

Superata la fase acuta della malattia da Coronavirus, alcuni pazienti continuano a lamentare una condizione di malessere riconducibile all’infezione. Abbiamo chiesto al Dr. Gianfranco Scotto di Frega di spiegarci cosa succede.

La nuova malattia da Coronavirus ha portato gli operatori sanitari a concentrarsi innanzi tutto sulle possibilità di guarigione di ogni paziente. Oggi che il numero delle persone in Italia che ha superato linfezione si attesta intorno a quota 150mila, occorre tenere in considerazione anche altri aspetti.

La malattia da Coronavirus, infatti, sembra lasciare in alcuni pazienti uneredità cronica sulla funzionalità respiratoria con conseguenze che vanno oltre la risoluzione della polmonite.

Abbiamo chiesto al dr. Gianfranco Scotto di Frega, Medico Pneumologo  presso l’ASL Napoli-2 Nord negli ambulatori di Monte di Procida e Pozzuoli, di aiutarci a capire quali sono queste complicanze e il loro impatto sulla salute nel tempo.

Dr. Scotto di Frega, quali sono le principali complicanze polmonari che investono i pazienti affetti da Covid-19?

Le principali sequele polmonari da Covid-19 sono l’Insufficienza Respiratoria Cronica e la Fibrosi Polmonare, cioè la formazione di “cicatrici” che rendono il polmone più “rigido” e quindi meno funzionale. In questi casi può esserci la necessità di utilizzare ossigeno, almeno nelle prime fasi, per sostenere il lavoro respiratorio.

Approssimativamente, si stima che in circa il 30% dei pazienti che hanno superato la SARS o la MERS (causate dai virus più affini al Coronavirus attuale) sono state riscontrate anomalie radiologiche persistenti, compatibili con una Fibrosi Polmonare.

Altra possibilità è quella di un problema respiratorio secondario all’allettamento in coloro i quali hanno affrontato un ricovero ospedaliero prolungato, come accaduto ai pazienti ricoverati in Terapia Intensiva: in questi casi può essere necessario anche un programma riabilitativo, che spesso inizia già durante la degenza quando le condizioni dei pazienti lo consentono.

Chi si deve preoccupare maggiormente?

Sicuramente coloro i quali hanno affrontato una malattia da Coronavirus particolarmente impegnativa, con la Polmonite Interstiziale e le sue conseguenze, e i pazienti che hanno avuto necessità di un supporto respiratorio in Terapia Intensiva, soprattutto i soggetti in età avanzata. Questi pazienti vanno necessariamente attenzionati e seguiti a livello ambulatoriale anche dopo il ricovero nelle strutture ospedaliere proprio per garantire loro un recupero respiratorio quanto più completo possibile.

In merito alla Fibrosi Polmonare si fa un gran parlare in questo periodo. Fino a pochi mesi fa, invece, se ne sentiva parlare poco. Può darci maggiori informazioni a riguardo?

Il problema della Fibrosi Polmonare nasce da lontano. Il termine “fibrosi” è molto generico: è più appropriato parlare di “interstiziopatie polmonari” cioè malattie che nascono nell’interstizio polmonare che è la parte più profonda e nobile del polmone, laddove avviene il passaggio dell’ossigeno nel sangue circolante. Si conoscono molti tipi diversi di queste malattie; tuttavia, di questo argomento purtroppo per anni si è parlato molto poco ritenendo queste malattie troppo “rare”, con il rischio di essere definitivamente dimenticate.

Personalmente, me ne occupo per passione personale da anni: pensi che estrapolando i dati di 6 mesi di attività sul territorio ho già riscontrato circa 70 interstiziopatie polmonari accertate con esami mirati e sto lavorando su questi dati per pubblicare un lavoro scientifico di approfondimento. Quindi, forse, non sono così rare.

Il problema è che c’è chi di queste malattie soffre da tempo, nell’indifferenza generale; con i pochi colleghi Pneumologi che come me si occupano di queste patologie condividiamo la “mission” di occuparci di questi pazienti “lontano” dai riflettori.

Quindi, ritengo molto importante che in questo periodo legato al Coronavirus si stia parlando di più di questo argomento, portando così anche una speranza in chi ne soffre da tempo.

Questa malattia, quindi, non si presenta solo in chi ha avuto il Covid, può interessare anche altri pazienti?

Certamente. Tra i diversi tipi di Fibrosi Polmonare, abbiamo la cosiddetta forma “idiopatica” (definita tecnicamente IPF), cioè senza una causa nota (e controllabile con specifici farmaci) e che ha una gestione più complessa, mentre molte altre sono “secondarie” cioè causate da un fattore noto: si pensi per esempio all’Artrite Reumatoide o ad altre malattie autoimmuni, che possono portare a Fibrosi Polmonare ancor prima di dare altri segni; ad alcune malattie professionali, come nel caso dell’esposizione all’amianto; ad alcuni farmaci, come per esempio gli antidepressivi e antipsicotici, o alcuni farmaci cardiologici come l’Amiodarone, tutti possibili fattori scatenanti di questo  problema polmonare; ai virus come è il caso del Coronavirus attuale.

Quindi, siccome ci aspettiamo un aumento di casi di fibrosi polmonare  sul territorio legati ai pazienti post-Covid, sarà fondamentale riconoscere queste forme secondarie e distinguerle da quelle “idiopatiche”.

Quali sono, secondo Lei, i sintomi spia che devono spingere i pazienti a rivolgersi al proprio medico per effettuare un controllo respiratorio?

Senz’altro l’affanno (che noi Medici chiamiamo “dispnea”) e la tosse cronica, spesso stizzosa, che non trova una causa apparente.

Importante è la sinergia con il Medico di Medicina Generale, primo Medico che può riconoscere questi sintomi, e che dopo una visita accurata può indirizzare il paziente allo Specialista Pneumologo per i successivi approfondimenti, in primis la TAC del torace ad Alta Risoluzione che è l’esame più importante per diagnosticare queste malattie, troppo spesso poco considerate.

Articolo pubblicato il: 20 Giugno 2020 22:03

Redazione

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