Si chiude ancora nel silenzio il boss Marco Di Lauro, che affida solo alle sue espressioni stranite le sue risposte alle domande del giudice.
Ancora una volta senza parlare, senza dire una parola e ancora una volta con gli occhi sgranati come se le accuse contestate non lo riguardassero. Marco Di Lauro questa mattina era davanti al gip Marco Carbone, del tribunale di Napoli, per l’interrogatorio di garanzia per la misura cautelare che lo vede indagato come capo e promotore del clan che porta il suo cognome, che era diretto dal padre Paolo detto Ciruzzo ‘o milionario, e che aveva, secondo la procura, come primo scopo l’importazione di chili e chili di cocaina dal Sudamerica.
Il quarto figlio del boss, per i pm, ha diretto la cosca tra il 2007 e il 2008 e ha gestito gli imponenti traffici di sostanze stupefacenti che arrivavano a Scampia e Secondigliano, quartieri della periferia Nord di Napoli in cui dal 2002 si e’ consumata una faida all’interno del gruppo Di Lauro, con il distacco degli Amato-Pagano, per il controllo proprio dell’approvviggionamento e della gestione delle piazze di spaccio.
I viaggi all’estero
Di Lauro, che e’ stato latitante per 14 anni ed e’ stato rintracciato e arrestato in una casa nel quartiere di Chiaiano, ha detto ai suoi legali, Gennaro e Carlo Pecoraro, di non essersi mai allontanato troppo da quel quartiere, anche se la Dda non e’ convinta. Questo perche’ per anni c’erano indizi e informazioni convergenti su viaggi all’estero del boss, tanto che anche l’Interpol aveva diramato le note per la sua cattura.